89 anni fa l’eruzione dell’Etna più distruttiva dell’età contemporanea

Durante l’eruzione del novembre 1928 le colate laviche distrussero il paese di Mascali e giunsero a poche centinaia di metri dal mare.

 

Quella del 1928 è ricordata come l’eruzione dell’Etna più distruttiva dell’età contemporanea. Essa infatti incise un forte segno nella storia del vulcano e in particolar modo in quella di Mascali, centro abitato che fu quasi interamente distrutto dalle lave.

L’evento eruttivo ebbe inizio il 2 novembre 1928 intorno alle ore 16, quando si elevò dalla bocca subterminale di NE una nube di materiale piroclastico. All’imbrunire della stessa sera, secondo quanto rapporta l’illustre vulcanologo Gaetano Ponte che osservò e descrisse dettagliatamente l’intero periodo eruttivo, furono notate delle emissioni laviche nella Valle del Leone a circa 2700 metri di quota[1].

Fig. 1 - Particolare della frattura eruttiva degassante in località Ripe della Naca in una foto formato cartolina di Francesco Galifi di Taormina. (Collezione privata)

Fig. 1 – Particolare della frattura eruttiva degassante in località Ripe della Naca in una foto formato cartolina di Francesco Galifi di Taormina. (Collezione privata)

 

Nella notte la frattura si propagò verso valle tra i 2300 e i 2050 metri sul versante nordest del vulcano. Le lave che scaturirono causarono ingenti danni ai boschi Cerrita e Cubania.

Il giorno successivo alle 15,35 un parossismo eruttivo della durata di 20 minuti circa interessa la bocca subterminale di NE.  Il 4 novembre si ampliò ulteriormente la frattura eruttiva. Questa volta le bocche si aprirono intorno ai 1200 metri di quota in località Ripe della Naca. Le lave fuoriuscite da qui raggiunsero ben presto le aree urbanizzate. Il 6 novembre fu tagliata la linea ferrata della Ferrovia Circumetnea e il 7 furono raggiunte le prime case dell’abitato di Mascali, che sarà distrutto del tutto ad eccezione di alcune abitazioni del quartiere di Sant’Antonino. Sulla prima pagina del quotidiano nazionale La Stampa dell’8 novembre ritroviamo una drammatica testimonianza giornalistica nell’articolo Mascali non è più. Nel servizio si legge: «Mascali non è più. Fino al tramonto di ieri si nutrivano buone speranze di salvare almeno gran parte del paese. Poi, la furia della lava ha trovato l’ostacolo del monte cosicché la colata principale si è divisa in due, travolgendo in pieno il paese, bruciando gli ubertosi giardini e i floridi vigneti della collina di Mascali, stringendo l’abitato in un ardente cerchio di fuoco. […] Alle ore diciasette, la colata lavica ha attraversato tutto l’abitato di Mascali travolgendo ogni cosa, e l’ha oltrepassato per un buon tratto interrompendo la rotabile per Messina e minacciando seriamente la linea ferroviaria Catania-Messina»[2].

Fig. 2 - Alcune delle abitazioni rimaste illese dall'avanzata della colata lavica. Cartolina postale del fotografo Francesco Galifi. (Collezione privata)

Fig. 2 – Alcune delle abitazioni rimaste illese dall’avanzata della colata lavica. Cartolina postale del fotografo Francesco Galifi. (Collezione privata)

Qualche giorno dopo, precisamente l’11 novembre, il flusso lavico principale raggiunse e distrusse la stazione di Mascali della linea ferroviaria statale Messina-Catania, interrompendo quindi la più importante via di comunicazione della Sicilia orientale. I fenomeni eruttivi, sensibilmente diminuiti e localizzati solo presso la frattura eruttiva di Ripe della Naca, cessarono il 20 novembre.

Fig. 3 - La colata lavica l'11 novembre prima di distruggere la stazione ferroviaria di Mascali. Cartolina postale del fotografo Francesco Galifi. (Collezione privata)

Fig. 3 – La colata lavica l’11 novembre prima di distruggere la stazione ferroviaria di Mascali. Cartolina postale del fotografo Francesco Galifi. (Collezione privata)

I principali studi scientifici sull’eruzione furono condotti da vulcanologi di rilievo internazionale, quali il sopracitato Gaetano Ponte, Giuseppe Imbò e Francesco Stella Starrabba[3]. Ponte, direttore dell’Istituto Vulcanologico Etneo, ebbe il permesso dal governo fascista per l’utilizzo di mezzi aerei durante il periodo eruttivo. Nella relazione redatta nel 1929 scrisse: “L’autorizzazione previdente del Capo del Governo di accordare al personale dell’Istituto Etneo i mezzi aerei per l’osservazione dell’andamento della colata, giovò a serenare gli abitanti del sobborgo di Annunziata, anch’esso minacciato dalla lava[4]. Francesco Stella Starrabba tuttavia volse la propria attenzione sulle caratteristiche mineralogiche dei prodotti eruttivi[5], Giuseppe Imbò, noto per essere diventato nel 1935 direttore dell’Osservatorio Vesuviano, fece delle considerazioni generali sull’attività degli anni 1928-1933.

Fig. 4 - Panorama della frattura eruttiva circondata dalla vegetazione in località Ripe della Naca. Si nota nella parte destra la colata attiva in degassamento. Foto Francesco Galifi in formato cartolina. (Collezione privata)

Fig. 4 – Panorama della frattura eruttiva circondata dalla vegetazione in località Ripe della Naca. Si nota nella parte destra la colata attiva in degassamento. Foto Francesco Galifi in formato cartolina. (Collezione privata)

Già prima del novembre del 1928 i fenomeni eruttivi dell’Etna erano stati documentati non solo attraverso la fotografia, con le prime immagini già nel 1865, ma anche da brevi filmati. Nel 1923 decine di minuti riprendevano i momenti più significativi dell’eruzione.

L’eruzione di Mascali tuttavia è stata documentata cinematograficamente in modo dettagliato per due motivi principali: i territori interessati risultavano più fruibili ai visitatori, sia per la vicinanza alle linee di comunicazione tra Messina e Catania, sia perché sorgevano ad una quota abbastanza più bassa rispetto al 1923; inoltre l’eruzione fu utilizzata come strumento di propaganda delle attività del governo fascista, quindi ripresa nei Cine Giornale[6] prodotti dall’Istituto Luce.

Fig. 5 - Un gruppo di curiosi nel pressi del fronte lavico attivo. Fotografia all'albumina di autore ignoto. (Collezione privata)

Fig. 5 – Un gruppo di curiosi nel pressi del fronte lavico attivo. Fotografia all’albumina di autore ignoto. (Collezione privata)

Il sistema di intervento fascista è messo in evidenza in modo particolare dal Giornale Luce del dicembre 1928. Il cinegiornale è introdotto da un lungo titolo (Sicilia – In soli quattordici giorni costruendo una lunga variante è stato riattivato il servizio ferroviario Catania – Messina interrotto dalla lava) che fa emergere l’intento propagandistico del filmato. L’intestazione Come avveniva il trasbordo durante i lavori apre una serie di riprese che mostrano i vari momenti della costruzione della linea ferrata nel tratto interrotto dalle lave. Nella parte conclusiva si osserva il ripristino della ferrovia con il passaggio del primo treno.

Subito dopo la fine dell’eruzione il regime fascista diede subito inizio ai lavori di ricostruzione del centro abitato di Mascali. Le nuove costruzioni sorsero nei pressi della strada statale Messina-Catania ad una distanza media tra i paesi di Fiumefreddo e Giarre.

L’eruzione è stata documentata da importanti fotografi siciliani, come Salvatore Consoli e Salvatore Malato, entrambi di Catania, e Francesco Galifi di Taormina. Alcune delle loro immagini furono stampate in formato cartolina e utilizzate come prodotto postale.

 

 

[1] Gaetano Ponte, L’eruzione dell’Etna del novembre 1928 e l’Istituto vulcanologico etneo, Venezia, premiate officine Carlo Ferrari, 1929, p. 3.

[2] Mascali non è più, in La Stampa, Torino, 8 novembre 1928, p. 1.

[3] Francesco Stella Starrabba (Palermo 1886 – Catania 1954) fu docente nell’ateneo catanese. La sua attività di ricerca fu prevalentemente rivolga alla mineralogia.

[4] Gaetano Ponte, L’eruzione dell’Etna del novembre 1928 e l’Istituto vulcanologico etneo, op. cit, p. 7.

[5] Sulle lave dell’eruzione dell’Etna del 1928. Le variazioni della composizione chimica durante il periodo effusivo, Napoli, R. Tipografia Francesco Giannini & Figli, pp.16, 1928.

[6] Il Cine Giornale, nato solo nel 1927, ebbe un carattere prevalentemente propagandistico. Edito dall’Istituto Luce di Roma, in totale comprese 428 edizioni.

Previous Post
Next Post