Come un libro aperto, Stromboli ha permesso di leggere la sue pagine passate per fornirci importanti informazioni e prevedere le sue prossime eruzioni.
Il vulcano Stromboli (Sicilia, Italia) è un vulcano sempre attivo e con un’attività così caratteristica da riconoscergli un tipo di attività chiamata proprio “stromboliana”.
Le eruzioni esplosive di Stromboli sono a bassa energia persistente e lo hanno portato ad essere una vera e propria attrazione turistica per visitatori e scienziati.
Tuttavia, questa incessante attività è intervallata da occasionali eruzioni più intense e pericolose detti “parossismi stromboliani” in cui vengono coinvolti simultaneamente più crateri con un aumento significativo dei volumi di materiale piroclastico.
Chi si concentra sull’individuazione di una ricorrenza statistica tra un’eruzione parossistica e l’altra è lo studio dal titolo “Major explosions and paroxysms at Stromboli (Italy): a new historical catalog and temporal models of occurrence with uncertainty quantification”, appena pubblicato sulla rivista ‘Scientific Reports’ di Nature.
Un approccio multidisciplinare condotto da un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e dell’Università di Bristol (UK) in cui è stato costruito un nuovo catalogo storico delle maggiori esplosioni e parossismi del vulcano.
Una dettagliata revisione della letteratura scientifica degli ultimi 140 anni circa, che ha visto proprio 36 dei 180 eventi esplosivi censiti come parossismi, analoghi a quelli dell’estate 2019.
“Il nuovo catalogo che abbiamo messo a punto”, spiega Massimo Pompilio, primo ricercatore dell’INGV e coautore dello studio, “ha permesso di rivedere la classificazione di numerosi eventi attraverso l’analisi critica delle fonti storiche. Dall’analisi emerge che il tasso annuale medio dei parossismi degli ultimi 140 anni è stato di 0.26 eventi/anno, ovvero un evento ogni 4 anni circa. Questo tasso è vicino a quello calcolato negli ultimi dieci anni, ma molto inferiore a quello raggiunto negli anni ’40 del secolo scorso, quando questi eventi parossistici erano assai più frequenti. Il vulcano alterna quindi periodi di attività intensa e periodi di relativa quiete”.
“Il breve lasso di tempo di 56 giorni osservato fra i due parossismi dell’estate 2019”, continua Massimo Pompilio, “non ѐ quindi una situazione rara. Per ben cinque volte negli ultimi 140 anni ci sono stati tempi inter-evento ancora più brevi. Viceversa, ci sono stati quattro periodi senza parossismi lunghi dai 9 ai 15 anni, ed un intervallo senza gli stessi che si è protratto addirittura per 44 anni, dal 1959 al 2003”.
Ma come ci sono di aiuto queste informazioni?
Questi risultati possono fornire una migliore comprensione delle passate crisi eruttive sullo Stromboli per stimare le
probabilità di accadimento futuro di questi fenomeni. Vediamo cosa ci dicono gli altri protagonisti della ricerca.
“Quando un fenomeno, come un’esplosione vulcanica si verifica a intervalli irregolari nel tempo, quello che si studia è la distribuzione dei ‘tempi di inter-evento”, spiega Andrea Bevilacqua, ricercatore INGV.
I tempi di inter-evento sono i tempi intercorsi in passato fra un’esplosione e quella successiva.
“In particolare lo sviluppo dei modelli di inter-evento ci permette di calcolare la probabilità di accadimento di una esplosione in funzione del tempo trascorso dall’ultimo evento di quel tipo. Una importante evidenza emersa dalla nostra ricerca riguarda la tendenza dei parossismi a verificarsi in gruppi. Sempre sulla base dei dati degli ultimi 140 anni, abbiamo stimato che esiste il 50% di probabilità che un parossisma si verifichi entro dodici mesi dal precedente e il 20% di probabilità che lo segua in meno di due mesi; d’altro canto esiste anche un 10% di probabilità che trascorrano oltre dieci anni senza che si verifichino altri parossismi”.
“Questo studio ha mostrato come, in termini di occorrenza dei fenomeni esplosivi più violenti dell’ordinario, lo Stromboli stia attraversando, negli ultimi anni, una delle fasi di attività più intense della sua storia recente. La stima della ‘memoria’ dell’attività esplosiva più intensa dello Stromboli potrà dare un significativo contributo alla quantificazione della pericolosità di questi fenomeni e, di conseguenza, alla riduzione del rischio associato. Inoltre, l’analisi dei dati suggerisce l’esistenza di un processo fisico che in qualche misura influenza la frequenza delle esplosioni del vulcano rendendole eventi eruttivi non completamente casuali. Capire le ragioni e i meccanismi fisici che determinano questa memoria rappresenta un’ulteriore sfida scientifica”, conclude Augusto Neri, Direttore del Dipartimento Vulcani dell’INGV e coautore dello studio.
Questa metodologia è trasferibile ad altri vulcani e, senza dubbio rappresenta un primo progresso quantitativamente formale nella determinazione dei livelli di rischio a lungo termine a Stromboli.