L’importanza, in condizioni normali e soprattutto durante le piene, del controllo e del monitoraggio degli argini tramite l’impiego di traccianti chimici.
L’argine è un terrapieno di grande massa e dimensioni, solitamente realizzato per innalzamenti successivi, grazie al materiale “terra” presente sul posto.
La funzione principale dell’argine è di contenere la piena del corso d’acqua all’interno dell’alveo fluviale, con altezze che possono arrivare a parecchi metri, mentre in condizioni ordinarie il carico idraulico è limitato o nullo.
Si può dire che gli argini hanno una funzione simile a quella delle dighe in terra, ma con importanti differenze:
- tecnica di costruzione: la diga è un manufatto recente, progettato e costruito a regola d’arte, mentre un argine è stato realizzato nel corso di secoli per innalzamenti successivi su una base naturale dalle caratteristiche sconosciute;
- dimensioni: una diga sbarra una valle per qualche centinaio di metri, un argine può essere lungo centinaia di chilometri;
- durata del carico idraulico: la diga è realizzata per contenere senza limiti di tempo le acque invasate, mentre l’argine (se il fiume non è pensile) deve sopportare la piena al massimo per qualche giorno.
In sintesi: la diga è una costruzione solidamente progettata e realizzata, con accorgimenti di controllo, a favore della sicurezza (gallerie interne d’ispezione e drenaggio, presidio continuo con guardiani, sistemi di monitoraggio e controllo periodico ecc.). Un argine, invece, è tipicamente in quel posto da secoli, costruito chissà come e chissà da chi, con il materiale disponibile (adatto o non adatto che fosse), collocato sopra un dosso naturale che, per cause geomorfologiche, può presentarsi anche molto permeabile, permettendo così il verificarsi di pericolose filtrazioni d’acqua.
Fortunatamente le piene hanno durata limitata; per questo le infiltrazioni nel terrapieno sono transitorie, con tempi di saturazione confrontabili con la durata del colmo.
La rotta arginale è un evento grave, che avviene raramente quando la piena lo scavalca (per sormonto); talvolta si verifica lo scalzamento, per erosione della base a fiume; più frequentemente avviene per sfiancamento o per sifonamento, quando la piena si apre un varco nel terrapieno (per tane di animali o per imbibizione generalizzata), o quando dal lato campagna avvengono fuoriuscite di acqua dal basso, che asportano materiale di fondazione e lo fanno crollare (sifonamento).
Se sormonto o erosione sono fenomeni che durante lo stato di crisi possono essere in qualche modo monitorati visivamente, più complessa è la valutazione delle condizioni di permeabilità dell’intero corpo arginale nei riguardi della filtrazione.
Per questo, durante le piene, il Genio Civile si avvale della Protezione Civile per attivare turni di sorveglianza: occorre riconoscere tempestivamente eventuali venute d’acqua, e agire per contenerle con le “saccate” prima che evolvano in rotta.
La conoscenza del comportamento idraulico generale dei corpi arginali storicamente era affidata ai Sorveglianti idraulici, responsabili di una precisa tratta fluviale e, come tali, detentori di un’ampia conoscenza dei comportamenti dei suoli e dei sottosuoli locali. Negli ultimi decenni è venuta a mancare la presenza residente dei Sorveglianti, quindi vi è una diffusa esigenza di sostituire il patrimonio di dati storici e conoscenze empiriche derivanti dalla meticolosa frequentazione dei tratti, con altre informazioni che possano essere di supporto a più rigorose valutazioni del grado di sicurezza delle difese idrauliche.
Per fortuna, grazie a tecniche d’iniezione in profondità di speciali malte cementizie (“diaframmi plastici”), negli ultimi decenni sono realizzabili interventi di impermeabilizzazione delle parti più profonde e pericolose degli argini. Si tratta però di cantieri estremamente costosi e delicati, che purtroppo è impensabile estendere a tutte le centinaia (se non migliaia) di chilometri di argini esistenti!
Che fare? Intanto è fondamentale in condizioni normali, ma specialmente durante la piena, il controllo e monitoraggio da parte dei cittadini organizzati (volontari di Protezione Civile). A questi si aggiungono nuovi mezzi tecnologici, tra i quali indagini geofisiche (per tentare di rivelare cavità interne tipo tane di animali o vie d’acqua), monitoraggi diffusi longitudinali (promettente l’uso di fibre ottiche che mostrano durante la piena l’estendersi dell’imbibizione del corpo arginale) e l’impiego di traccianti chimici, colorati e non.
Volendo approfondire quest’ultima tecnica (che può essere utilizzata anche “in emergenza” per rivelare tempestivamentei punti di passaggio dell’acqua), si farà di seguito riferimento a un caso di studio concreto, verificatosi su un argine ricostruito a seguito di rotta, nel quale è stato utilizzato un tracciante artificiale per ricavare informazioni sui percorsi di filtrazione all’interno di un argine diaframmato.
Dopo la rotta, chiusa provvisoriamente la falla con massi e pietrame, è stato applicato un rivestimento con terreno più fine (sabbia e limo). Il tratto arginale ricostruito è di forma trapezia, largo circa 33 m alla base e alto 9 m sul piano campagna. In fondazione sono presenti per la massima parte sabbie e limi.
L’argine è stato impermeabilizzato con un diaframma realizzato con iniezioni di boiacca cementizia fino alla profondità di 27 metri dalla sommità.
Contrariamente a quanto ci si attendeva, dopo l’esecuzione dei lavori, in occasione di altre piene, si sono nuovamente verificate lato campagna vistose fuoriuscite di acqua.
Non potendo ovviamente demolire l’argine per individuare i punti carenti si sono svolte indagini indirette, tra le quali test di tracciamento, che hanno dato informazioni utili per la risoluzione del problema: l’obiettivo era descrivere percorso e natura dei flussi preferenziali per giudicare la loro pericolosità.
Come tracciante si è utilizzata fluorescina sodica, una polvere rosso mattone (come si vede nella foto a sinistra), che sciolta in acqua produce una soluzione di colore giallo intenso. La soluzione è stata immessa in piccole cavità praticate nel corpo arginale appena sopra il livello dell’acqua: in questo modo la soluzione si è infiltrata nel rilevato arginale con minima dispersione in alveo.
La fluorescina presenta il vantaggio di essere rilevabile anche visivamente a bassissime concentrazioni. Non è tossica né per l’uomo né per la fauna acquatica, pertanto è accettata da tempo dalle autorità sanitarie.
Normalmente il suo passaggio si rileva “a vista”, mediante fluorocaptori o con spettrofluorimetri da campo. Misure quantitative permettono di costruire la curva di breakthrough, dalla quale si ricava la velocità di Darcy del fluido permeante. La velocità di Darcy corrisponde al picco di concentrazione, mentre il tempo del primo arrivo è influenzato dalla diffusione molecolare e altri fenomeni dispersivi:
Nel caso descritto, non programmato e svolto in condizioni di urgenza, sono state eseguite misure solo mediante rilievo visivo, anche molto spaziate nel tempo.
In dettaglio: nel primo test (sezione di valle) si sono raccolti campioni da una fuoriuscita d’acqua localizzata dopo 3, 7 e 19 ore dall’immissione. Il campione raccolto a 3 ore non presentava traccia di fluorescina; nel secondo, a 7 ore dall’immissione, la presenza del tracciante era ben evidente; nel terzo, prelevato 19 ore dopo l’immissione, la presenza della fluorescina era ridotta. Si può dire che il corpo arginale sia stato attraversato in circa 7 ore.
Nel secondo test, condotto qualche decina di metri a monte del primo, i tempi di transito sono stati molto più lunghi: un’ispezione eseguita 28 ore dopo l’immissione ha dato esito negativo, mentre l’ispezione successiva, eseguita 42 ore dopo l’immissione ha mostrato evidente presenza di tracciante, sia al piano campagna poco distante dal piede sia in un fossato di guardia che si trova a 10 m dall’unghia arginale. Il flusso è stato accompagnato in più punti da trasporto solido, con innesco di fontanazzi (come si vede nella foto). Si può dire che il corpo arginale sia stato attraversato dall’acqua in un intervallo compreso tra le 28 e le 42 ore.
Interpretazione misure sperimentali
Sono state svolte numerose simulazioni basate sul software SEEP/W, che hanno cercato di riprodurre tempi e andamenti delle pressioni alla base dell’argine nelle due sezioni, per capire da cosa dipendesse la differenza di comportamento: si sono ipotizzate diverse conformazioni e tipi di materiale nel terreno sottostante, arrivando a due soluzioni che giustificavano i risultati sperimentali e il tipo di terreni.
Tralasciando per brevità di descrivere tutti gli elementi sperimentali accessori utilizzati (registrazioni automatiche di livello in piezometri perforati all’interno dell’argine, misure di livello nel fiume, sondaggi geognostici, prove di laboratorio geotecnico ecc.), e ponendo principale attenzione sul tracciante chimico “fluorescina”, ne consegue che nel primo test (sezione a valle), i tempi di attraversamento brevi erano compatibili con una discontinuità (difetto) del diaframma verticale di impermeabilizzazione posta sopra la quota del piano campagna, mentre nella sezione del secondo test (a monte) i tempi di attraversamento più lunghi erano compatibili con un transito profondo, sotto il diaframma:
Le due immagini seguenti rappresentano graficamente le soluzioni prospettate. Va detto che a seguito di interventi successivi di sistemazione dell’argine, progettati anche sulla base dei presenti test, non si sono più verificate filtrazioni a campagna.
In conclusione: con i traccianti non solo si possono evidenziare eventuali vie d’acqua nel sottosuolo, ma anche le loro principali caratteristiche fisiche (lunghezza, permeabilità attraversate, profondità), e da queste dedurre il grado di sicurezza dell’argine.
Il test con tracciante è economico, non invasivo, e può dare, anche in momenti idraulicamente critici, informazioni di rapida e semplice interpretazione riguardanti la conducibilità idraulica del rilevato, mettendo in evidenza qual è “l’anello debole della catena”, in altre parole la parte più permeabile dove si concentrano i flussi.
di Alberto Dacome, geologo (dacome@adgeo.it – www.adgeo.it)
Bibliografia: Dacome, A., Bersan, S., 2014. Verifiche in situ della permeabilità di argini fluviali mediantetraccianti chimici. XXV Convegno Nazionale di Geotecnica: la geotecnica nella difesadel territorio e delle infrastrutture dalle calamità naturali. Atti, Baveno (LagoMaggiore).