80 anni dall’ultima eruzione del Vesuvio del 1944

Oggi ricade l’ottantesimo anniversario dall’ultima eruzione del Vesuvio che iniziò alle 16:30 del 18 Marzo 1944.

Lo sapevate che la stratigrafia dell’eruzione del 1944 è visibile all’intero del cratere? Per la precisione nella sua parte nord-orientale.

 

Cronaca dell’evento 

80 anni fa il Vesuvio iniziò la sua ultima eruzione proprio durante la Seconda Guerra Mondiale, per questo a Napoli nessuno si accorse di quanto accadde ai primi di gennaio del 1944 quando, all’interno del cratere, si aprì una frattura alla base del piccolo cono e la lava uscì dal cratere percorrendo qualche centinaio di metri sui fianchi della montagna prima di fermarsi.

Ma sono le 16:30 del 18 Marzo quando inizia l’evento eruttivo vero e proprio raccontato dal direttore dell’Osservatorio Vesuviano, Giuseppe Imbò.

Inizialmente piccole esplosioni e colate di lava superano il dislivello del Monte Somma e si dirigono a Nord mentre scorie e lapilli vengono spinti fino ad un’altezza di circa 100 m.

Sin dal giorno seguente la lava scivola nel versante settentrionale ad una velocità molto variabile.

Le colate laviche raggiungono altezze anche di 8 metri e percorrono poche decine di metri all’ora, soprattutto una volta giunte a valle dove iniziano a raffreddarsi.

Il 21 Marzo, invece, si assiste al fenomeno delle fontane di lava, le quali si innalzano fino a 2 km di altezza e di notte assumono contorni spettacolari tanto che a Napoli la popolazione rimane di notte alzata a vedere i bagliori.

Durante le emissioni delle fontane il vento trasportò scorie e lapilli in direzione sud-est, sulle cittadine di Angri, Pagani, Scafati, Nocera e tutte le campagne circostanti furono interessate da una notevole caduta di materiali piroclastici, fino a dieci centimetri di spessore, mentre Napoli viene risparmiata dalla cenere.

Nel primo pomeriggio del giorno 22 un altro cambiamento, il più vistoso e pericoloso.

Se la lava sul versante settentrionale tende ormai a perdere velocità, aumenta invece l’intensità esplosiva dell’eruzione, con la formazione di una colonna eruttiva alta fino a 5 km in cui sono presenti anche prodotti lapidei. Si susseguono le esplosioni e, causa il parziale collasso della colonna, si formano, soprattutto nel versante meridionale, alcuni modesti flussi piroclastici e piccole nubi ardenti che però, essendo di dimensioni limitate, si esauriscono direttamente sui fianchi della montagna, senza raggiungere fortunatamente (al contrario del 79 e del 1631) i nuclei abitativi.

Continuano, intanto frequenti scosse telluriche connesse alla degassazione del magma in prossimità della bocca effusiva, con conseguenti esplosioni nel condotto che provocano onde sismiche nel terreno.

E’ questa la fase principale dell’eruzione che testimonia una volta di più la pericolosità del Vesuvio: un vulcano in cui l’attività esplosiva, soprattutto a seguito di lunghi periodi quiescenti, non è mai mancata.

Dal giorno 23 aumenta la sismicità e si verificano altri piccoli flussi e frane di materiale appena eruttato. Poi le esplosioni diminuiscono e torna la lava che stavolta si incanala in direzione sud-ovest ma senza compiere particolari danni mentre pian piano l’eruzione esaurisce la sua potenza.

Finalmente il 29 l’eruzione si arresta del tutto e dal cratere uscirà un rigagnolo di fumo fino al 7 aprile.

Questo il bollettino dei danni: 26 vittime, 12 mila evacuati, interi paesi ricoperti da uno spesso strato di cenere o da metri di colate laviche, campagne distrutte.

Quella del 1944 è stata l’ultima eruzione del Vesuvio e con essa, secondo molti esperti, si è chiuso un ciclo iniziato nel lontano 1631.

Da 80 anni infatti il vulcano dorme e il parere dei vulcanologi è che in tutto questo periodo il condotto magmatico sia passato dalla fase “aperta” a quella “chiusa”, con l’aumento del rischio di un’eruzione intensa ed esplosiva.

Da tempo gli unici segnali che invia il Vesuvio sono piccole scosse sismiche e fumarole visibili all’interno del cratere. Segnali che hanno fatto purtroppo “dimenticare” a molti, che il Vesuvio è un vulcano attivo, con fasi eruttive che durano da 2000 anni.

La sequenza stratigrafica

La sequenza stratigrafica emessa durante l’ultima eruzione del 1944 è possibile osservarla lungo il versante interno nord-orientale del cratere. Una sequenza che copre quella di lave emesse nel periodo compreso tra 1914 e il 1944 che riempirono il cratere del 1906.

 

Alla base della sequenza (vedi foto) affiora un livello di lave di colore grigio-chiaro emesse nelle prime fasi dell’eruzione dal cratere centrale e attribuite alla Fase 1 descritta da Imbò, fluite in direzione N verso il Monte Somma.

I dettagli della sequenza

Sul livello di base delle lave poggia una sequenza di scorie cementate eruttate durante la successiva fase detta delle ”fontane di lava”.

Stratigrafia dei prodotti eruttati durante l’eruzione del 1944 (foto ConoscereGeologia con didascalie da INGV)

 

La sequenza continua con livelli di lapilli scoriacei di colore chiaro e scuro e livelli di ceneri grossolane e bombe, prodotti nella terza fase, caratterizzata dalla formazione di una colonna eruttiva che ha raggiunto altezze di 5 km.

La sequenza si conclude con intercalazioni di lapilli rossastri e violacei, bombe e ceneri grossolane, sovrastate da un livello cineritico di colore grigio chiaro, ricco in frammenti litici, generati dalla fase finale dell’eruzione.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI: SITO OSSERVATORIO VESUVIANO

https://www.ov.ingv.it/index.php/storia-vesuvio/1944

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