La falesia del lido di Torre Annunziata in prossimità di Capo Oncino è l’ossatura della successione più completa di prodotti del Vesuvio.
Guarda la nostra fotogallery della sequenza piroclastica vesuviana.
Tra la Via Litoranea Marconi e Capo Oncino, zona costiera occidentale del Vesuvio, nel Comune di Torre Annunziata (Napoli), affiora la successione più completa di prodotti delle eruzioni del Vesuvio.
Grazie a questa sequenza geologica, è possibile ricostruire la storia eruttiva del Vesuvio addirittura per un periodo di 3000 anni.
La sua osservazione ci permette di ammirare strati frutto delle eruzioni passate. Come una macchina del tempo, ci si trova a toccare con mano terreni antichi ma che sono parte integrante del paesaggio attuale.
Da essa si evince che il Vesuvio ha avuto una cospicua attività in epoca Medioevale di tipo sia effusiva che esplosiva.
Lungo l’intera fascia costiera da Torre del Greco, in Località Villa Inglese, a Torre Annunziata è possibile imbattersi in questi depositi vulcanici come successioni laviche a piroclastiche.
Lungo questa costa alle falde del Vesuvio, è possibile ”leggere” anche la storia vulcanica vesuviana in cui i prodotti del 79 d.C. si interpongono tra quelli dell’attività medioevale e recente a tetto e protostorica a letto.
Ma cerchiamo di andare nel dettaglio della sequenza vulcanica. Partendo dall’alto, verso il basso si rinvengono prima delle lave con spessore di 2/4m. Si passa quindi a sabbie piroclastiche da caduta spesse circa 1,5m.
Scendendo troviamo ancora una lava grigio-scura e piroclastiti rimaneggiate seguite da cineriti umificate, le pomici bianche con spessore di 1m del 79 d.C. e infine delle splendide piroclastiti da flusso.
Le piroclastiti rimaneggiate costituiscono l’ossatura della splendida falesia di cui abbiamo fotografato i particolari.
Nella parte inferiore i materiali hanno una tessitura grossa e stratificazione incrociata concava, con inclusi grossi blocchi alla base.
I clasti hanno dimensioni dalle ghiaie ai grossi massi.
Nella parte superiore, invece, sono presenti strati piano paralleli dati da sabbie fini.
Ma cosa capiamo dall’aspetto della tessitura del costone di Capo Oncino?
Esso ci fa capire che questi materiali vulcanici sono stati sottoposti a meccanismi di ri-deposizione ad opera di correnti che in geologia prendono il nome di lahar (parola di origine indonesiana che indica flussi di fango e detriti di origine vulcanica) che si distinguono dai flussi piroclastici primari chiamati pyroclastic flows e base surge.
Ma l’osservazione del costone di Capo Oncino ci serve solo per osservare una fotografia di un fenomeno vulcanico avvenuto in passato e quindi per capire la storia eruttiva di un vulcano attivo come il Vesuvio?
O questo evento catastrofico lo abbiamo osservato anche in epoca recente?
Ebbene sì, il 13 novembre del 1985 il vulcano colombiano Nevado del Ruiz, iniziò la sua eruzione dopo quasi 70 anni di riposo.
Il Nevado del Ruiz, generò in quell’occasione il più devastante lahar della storia e annientando le città di Chinchinà e di Armero con un bilancio di 23.000 vittime.
La sequenza stratigrafica di Capo Oncino non è costituita da rocce sedimentarie come quelle che osserviamo sulle splendide Dolomiti o in Appenino, testimonianze di antichi fondali marini venuti alle nostre mani dopo milioni di anni.
E’ la sequenza stratigrafica di fenomeni vulcanici avvenuti in soli 3.000 anni. Una frazione di secondo rispetto ai tempi geologici per formare catene montuose da antichissimi mari.
Fenomeni molto vicini alla memoria umana che rendono luoghi unici, vero, ma che a pochi fanno ricordare e sapere di vivere alle falde di un vulcano e sopra la sua storia.
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BIBLIOGRAFIA: CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL’ATTIVITÀ STORICA DEL VESUVIO: DATI STRATIGRAFICI E VULCANOLOGICI NEL SETTORE MERIDIONALE TRA TORRE DEL GRECO (LOCALITÀ VILLA INGLESE) E TORRE ANNUNZIATA (CAMPANIA), Giuseppe ROLANDI e FILIPPO Russo, Boll. Soc. Geol. lt. 108 (1989).
FOTO: di Antonio TOSCANO