Decreto DPCM 11 Marzo 2020, persiste l’inquinamento dell’aria in Pianura Padana

Nonostante le restrizioni relative al decreto DPCM 11 Marzo 2020 non si nota un drastico calo dell’inquinamento da Pm10 al Nord, per quale motivo?

L’inquinamento da Pm10 può aver agevolato la diffusione del virus?

In piena emergenza sanitaria dovuta al diffondersi del nuovo Coronavirus (Covid 19) e nel bel mezzo delle restrizioni per il decreto DPCM 11 Marzo 2020 varato dal governo, la concentrazione di smog nelle grandi città è calata notevolmente, proprio come è successo in Cina qualche settimana fa.

I dati provengo dal satellite Copernicus Sentinel-5P, dell’Agenzia Spaziale Europea, che grazie ai suoi strumenti mappa una varietà di inquinanti dell’aria a livello globale.

Questo calo è particolarmente visibile al settentrione (video ESA: https://youtu.be/ARpxtAKsORw ), l’area con l’aria tra le più inquinate del continente e coincide con l’adozione delle misure attuate per limitare la diffusione del virus.

Tuttavia, i valori registrati dalle centraline dell’ARPAV, l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Veneto non hanno rilevato valori bassissimi, quindi ci si chiede come mai la riduzione del traffico per l’emergenza Covid 19 non abbia drasticamente ridotto le polveri.
La risposta viene dal Direttore Generale dell’agenzia veneta, Dott. Luca Marchesi, che, in base a quanto riportato sul sito di ARPAV, spiega: “è importante tenere conto che […] il quadro emissivo regionale, dall’ultima settimana di febbraio, si è probabilmente discostato da quello normale, con una flessione soprattutto delle emissioni da traffico veicolare.
Il traffico impatta principalmente sulle emissioni di ossidi di azoto. Per quanto riguarda invece il particolato atmosferico, una percentuale significativa del Pm10 viene emessa principalmente dal settore del riscaldamento civile.

Ad essa si aggiunge – continua il dott. Marchesi – una parte di particolato di origine secondaria, legato alla formazione di polveri sottili in atmosfera da inquinanti primari, come gli ossidi di azoto e l’ammoniaca. È ragionevole pensare che la formazione di particolato secondario si possa essere ridotta nelle ultime settimane, a causa della diminuzione di emissioni di ossidi d’azoto da traffico mentre è rimasta sostanzialmente inalterata la componente emissiva primaria da riscaldamento civile.”

Previsione concentrazione Pm10 del 19-03-2020 in Veneto (fonte: ARPAV – Osservatorio Regionale Aria)

Purtroppo, come si può ben capire, lo smog in Italia persiste e rimane un proverbiale problema da affrontare seriamente, da cui, per il momento, solo l’instabilità atmosferica riesce a liberaci.

Vediamo, adesso, se l’inquinamento da Pm10 può agevolare la diffusione del virus.

Effettivamente molti studi stanno valutando se esiste una correlazione fra contagi, inquinamento ed addirittura clima.
Secondo tali rapporti scientifici esisterebbe una correlazione che viene evidenziata dall’analisi dei dati pervenuti dalle ARPA regionali congiunta al numero dei contagiati: il Pm10 agirebbe da vettore del virus.

Il Sole 24 Ore cita di uno studio condotto da ricercatori italiani e medici della Società italiana di Medicina Ambientale (Sima). Il particolato atmosferico funge da “veicolo di trasporto” per molti contaminanti chimici e biologici, inclusi i virus che aderiscono anche per ore, giorni o settimane, in più riescono ad essere veicolati per lunghe distanze.
Sempre nel Sole 24 Ore si specifica come il Pm10 avrebbe, secondo la ricerca suddetta, “un’azione di boost, cioè di impulso alla diffusione virulenta dell’epidemia”. Leonardo Setti dell’Università di Bologna che fa parte del team di ricerca afferma: “Le alte concentrazioni di polveri registrate nel mese di febbraio in Pianura Padana hanno prodotto un’accelerazione alla diffusione del Covid19. L’effetto è più evidente in quelle province dove ci sono stati i primi focolai”.

Insomma, pare che ci sia una collimazione dei dati dovuti all’emergenza sanitaria che stiamo affrontando ed inquinamento e questo potrebbe essere fra i motivi per cui in Pianura Padana si hanno avuto finora i maggiori casi rispetto ad altre zone d’Italia.

Resta di fatto che un cambio di rotta verso nuove tecnologie e verso un’energia più pulita è sempre più un imperativo e magari, anche questo, ci aiuterà ad affrontare emergenze sanitarie, come l’attuale, con maggiori speranze e più forza.

IMMAGINE IN EVIDENZA Fonte ESA https://www.esa.int/

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