Il Prof. Marco Viccaro dell’Università di Catania svela per Conosceregeologia importanti risultati sulle dinamiche delle recenti eruzioni esplosive dell’Etna.
Il gruppo di ricerca coordinato dal prof. Marco Viccaro, docente di geochimica e vulcanologia presso l’Università di Catania, e composto dai ricercatori Marisa Giuffrida e Luisa Ottolini, ha svelato i tempi di attivazione delle recenti eruzioni esplosive del vulcano Etna. Lo studio, sviluppato in collaborazione con il CNR-IGG (Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Geoscienze e Georisorse) di Pavia, è stato recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Scientific Reports. I risultati derivano dall’elaborazione di dati micro-analitici ottenuti grazie alla microsonda ionica del CNR-IGG di Pavia. Sono stati analizzati, infatti, come spiega dettagliatamente in questa intervista il prof. Viccaro, le concentrazioni di litio nei cristalli di plagioclasio contenute nei recenti prodotti eruttivi dell’Etna. I dati dimostrano come i parossismi del vulcano hanno avuto dei tempi di attivazione molto brevi, nell’ordine di 1-2 minuti, e una velocità media di risalita del magma che supera i 40 m/s. Il prof. Marco Viccaro svolge una operosa attività di ricerca incentrata in modo particolare sui processi di genesi, di differenziazione e di risalita dei magmi nei sistemi vulcanici operando anche direttamente sul campo in Islanda, Russia, Stati Uniti, Grecia, Italia, Isole Canarie, ed impegnandosi persino nell’applicazione dei metodi scientifici per l’attività di impresa. Ha partecipato a numerosi congressi di rilevanza nazionale e internazionale ed è “Associate editor” di tre riviste internazionali. Ha pubblicato oltre centotrenta ricerche scientifiche e per quelle in relazione alla petrografia e alla petrologia è stato insignito del prestigioso “Premio Angelo Bianchi 2011”.
Prof. Viccaro, come si è svolto il lavoro del gruppo di ricerca da lei coordinato?
”Con il gruppo di vulcanologia che coordino presso l’Università di Catania abbiamo ormai da diversi anni intrapreso una linea di ricerca in grado di fornire risultati di straordinaria importanza per la comprensione delle fenomenologie vulcaniche, ovvero ricavare varie tipologie di informazioni inerenti al parametro tempo. In geologia siamo soliti osservare processi che avvengono con tempistiche molto lunghe (decine, centinaia, milioni di anni), ma in vulcanologia i processi che preludono all’attività eruttiva possono impiegare anni, mesi, giorni o, in alcuni casi, persino solo poche ore, minuti e secondi. Ed è proprio l’indagine di queste ultime scale temporali ultra-veloci che rappresenta una frontiera per la ricerca nel campo della vulcanologia più moderna. Per portare avanti questo studio sono stati necessari anni di lavoro e, grazie alla possibilità di usufruire di alcuni finanziamenti per la ricerca scientifica, siamo riusciti ad avere accesso al laboratorio di microsonda ionica del CNR-IGG di Pavia per uno studio sistematico su prodotti eruttati dall’Etna.”
Quali prodotti eruttivi sono stati analizzati?
”Presso i laboratori del CNR-IGG abbiamo dunque studiato prodotti piroclastici e lave reomorfiche (formatesi cioè per agglutinamento di brandelli di lava e piroclastiti) eruttati durante la sequenza di parossismi avvenuta all’Etna tra Gennaio 2011 e Dicembre 2013.”
Come le concentrazioni di litio nei plagioclasi possono essere indicatori del tempo di risalita del magma?
”Il plagioclasio è un minerale molto utile ai vulcanologi, poiché è particolarmente sensibile alle variazioni di parametri chimici (composizione del magma, contenuti in volatili nei magmi, etc.) e fisici (temperatura e pressione di cristallizzazione) del sistema in cui si trova. Da circa una ventina di anni sono stati elaborati alcuni modelli di diffusione di elementi chimici (ad esempio Sr, Ba, Mg) all’interno dei cristalli di plagioclasio, utili per ottenere informazioni sui tempi di residenza nella crosta terrestre e altri processi che avvengono quando il magma ancora staziona nelle camere magmatiche. Con questi modelli non è però possibile quantificare processi che avvengono con tempistiche molto rapide, come ad esempio i processi di degassamento o risalita finale del magma immediatamente prima di un’eruzione. Qui si apre la frontiera. È solo con l’utilizzo di elementi come il litio che possono essere ricavate queste informazioni. Il litio ha infatti velocità di diffusione ultra-rapide all’interno dei cristalli di plagioclasio (nell’ordine di minuti/secondi) e, in opportune condizioni, riesce a “congelare” il tempo che il magma ha impiegato per risalire alla superficie. C’è però un problema, il litio nei cristalli di plagioclasio è presente in concentrazioni davvero basse (poche parti per milione), le quali necessitano di strumentazioni all’avanguardia della tecnologia per essere misurate.”
Quali sono state le dinamiche degli eventi parossistici dell’Etna del 2011-2013 da voi studiati?
”Tutti i ricercatori del settore vulcanologico e appassionati di vulcani hanno avuto modo di osservare la stupefacente attività eruttiva al Nuovo Cratere di Sud-Est a partire da Gennaio 2011. Molti dei 44 parossismi avvenuti tra il 2011 e 2013 sono stati caratterizzati da un’inconsueta violenza, ma il fattore più sorprendente è stato, a mio modo di vedere, la rapidità con la quale da un apparente stato di quiete del vulcano si assisteva ad una riattivazione del sistema magmatico e successione di fenomenologie eruttive in tempi brevissimi. Se vogliamo è proprio in questa osservazione fenomenologica che lo studio fonda le proprie radici. Il risultato, altrettanto sorprendente, ha consentito di stabilire che l’Etna, pur essendo un vulcano definibile a condotto aperto e in continua attività di degassamento, è comunque capace di improvvisi risvegli. Ciò avviene con tempi nell’ordine di 1-2 minuti e velocità medie di risalita finale del magma che superano i 40 m/s, al pari delle più violente eruzioni osservabili a scala globale.”
Qual è l’importanza dei risultati ottenuti?
”L’impatto di questo studio nella comunità scientifica è, a mio parere, notevole. In primis perché darà la possibilità di comprendere meglio le cinetiche con le quali operano alcuni processi magmatici in profondità prima di un’eruzione, aggiungendo di fatto un altro tassello nella nostra conoscenza del vulcano. Ma la rilevanza credo sia nell’aver aumentato la consapevolezza che i vulcani basici e in persistente stato di degassamento possono comunque avere periodi di attività durante i quali la loro pericolosità potenziale aumenta esponenzialmente. Va da sé che lo studio potrà aiutare le autorità preposte nel management dei rischi associati alla presenza di vulcani attivi in aree densamente popolate.