Due Giugno, Festa per i settanta anni della Repubblica Italiana

È sacrosanto e doveroso festeggiare la ricorrenza del Due Giugno, sia per ricordare a tutti gli Italiani la fine di una devastante guerra che per rammentare la conquistata quanto desiderata democrazia.bandiera italiana

Questa giornata non deve però essere raffigurata in quanto commemorazione, perché si commemora un defunto o un episodio passato, mentre il Due Giugno deve rimanere nella mente di ciascuno di noi come un evento attuale quanto reale. Da condividere quindi le manifestazioni organizzate ad hoc, in primis nella Capitale e poi nei Capoluoghi di Regione e Provincia.

parata frecce tricolori

Però…

Però il tempo che passa offusca o sbiadisce o, se si preferisce, fa svanire i valori fondanti di altruismo e legalità sui quali si è voluta fondare la Repubblica.

L’ Art. 1 della Costituzione cita letteralmente: ”L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”

(Fonte: Costituzione – Principi fondamentali).

E allora ci si chiede: perché non viene rispettato integralmente il primo articolo che è una sorta di prologo a tutto il testo successivo?

Forse un esempio, tra i tanti, può chiarire questo aspetto della questione.

Fino agli anni settanta ed ottanta era possibile partecipare a concorsi pubblici, per titoli ed esami, nei quali venivano richieste conoscenze di certo ridondanti rispetto alle mansioni che si sarebbe stati poi chiamati ad esercitare; si può asserire che è sacrosanto, da parte di un futuro Datore di Lavoro, richiedere ad un candidato delle capacità e dei titoli che garantiscano adeguate professionalità e competenze. Quindi, chi si candidava, aveva tutto l’interesse a dimostrare e dare il meglio di se stesso, dal momento che il famigerato concorso era “a tempo indeterminato”. La questione basilare di ogni cittadino che abbia un progetto di vita si sarebbe quindi risolta, potendo guardare al futuro con una serenità altrimenti preclusa.

Ma…le cose sono cambiate, ed in peggio:

prendendo spunto dal famigerato concorso del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per 500 funzionari tecnici con variegate professionalità, ad esclusione dei geologi, fa riflettere il doppio denominatore comune, che unisce tutti i concorsi banditi negli ultimi anni dalla Pubblica Amministrazione: la richiesta di elevate e qualificate competenze contrapposte alla precarietà della proposta di impiego, quasi sempre a tempo determinato!

Ebbene, non si comprende come questa inveterata tendenza possa consentire ad un candidato di partecipare serenamente e con abnegazione ad una garanzia di precarietà perenne.

Se l’ipotetico concorrente con titoli quale laurea specialistica, master, dottorato, conoscenza approfondita e certificata delle lingue straniere, pubblicazioni scientifiche, esperienze di insegnamento nell’università, assegni di ricerca universitari, ecc., deve partecipare ad un concorso dove è richiesto tutto ciò ma, una volta dichiarato vincitore si ha diritto al lavoro soltanto per nove mesi (nel caso in esame) o al massimo per tre anni (in altri concorsi), dopo di che si è fuori,  non si comprende come questo oramai ex giovane, visti gli anni di studio trascorsi, possa o voglia non solo partecipare ma ancor prima accettare questo modo di gestire il futuro nelle giovani generazioni di italiani, per di più con un obolo mensile pari a circa la metà dello stipendio percepito da un operatore ecologico (senza naturalmente mancare di rispetto a questa indispensabile attività lavorativa).

Ed ecco che appena possono questi nostri eccellenti ingegni vanno via, in Paesi che ne sappiano valorizzare le capacità e le competenze acquisite in Italia.

Non è un discorso retorico o quanto meno accademico: ciascuno di noi, nel proprio ambito familiare o di conoscenze ha notizia di parenti o di amici che sono andati all’estero da dove non hanno intenzione né possibilità di tornare.

Indignarsi allora non basta: va bene festeggiare il due Giugno, ma si deve esigere una concreta e corretta pianificazione, una sorta di Piano Industriale Nazionale, naturalmente basato su studi statistici, delle necessità future della Società Italiana, in modo da poter garantire occupazione e quindi futuro ai nostri figli.

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Il Piano Industriale Nazionale, di respiro almeno decennale, dovrebbe comprendere fattivamente il tema ambientale (dissesto idrogeologico in primis), turistico, sanitario, sociale. Fino a quando però l’interesse privato dei governanti prevarrà su quello della Cosa Pubblica molto difficilmente ciò potrà accadere.

Nel numericamente piccolo mondo dei Geologi qualcosa sembra però muoversi; prova ne è stato il recente Congresso Nazionale, che ha radicalmente stravolto la vecchia autocommiserazione atavicamente presente nella Categoria.

L’impressione è ora invece che ci sia un positivo fermento in ciascuno: sperabilmente un germe ed uno sprone per tutta la Società italiana.

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