Riflessioni sugli incendi boschivi che stanno devastando il territorio italiano
L’estate 2017 si caratterizzerà certamente negli annali come una delle più torride estati italiane degli ultimi decenni.
Questo a causa di svariate motivazioni climatologiche e antropiche, ampiamente dimostrate ed accettate dalla Comunità scientifica mondiale, ma non da tutti i politici che dovrebbero governare il processo intero.
Le motivazioni di ciò appaiono fin troppo evidenti: interesse personale o di casta, assenza di lungimiranza ed egoismo di fondo, nella convinzione che il censo possa sempre e comunque risolvere a proprio vantaggio eventuali criticità, ambientali, economiche o di altra natura che siano.
Ma non sono queste le riflessioni che si vogliono portare all’attenzione di quanti volessero leggere queste righe: per restare in Italia, è bene considerare la teoria dello sviluppo degli incendi praticamente in tutte le aree boschive della Penisola.
È evidente a chiunque che non può trattarsi di casualità, bensì di un piano, organizzato oppure no da un’unica regia, per lucrare su questi eventi calamitosi.
Da tempo immemorabile i contadini, a fine raccolto, periodicamente, incendiano le stoppie per rigenerare la terra e darle nuovo vigore per le successive semine; quindi l’utilizzo del fuoco quale elemento rinvigorente è ben noto e praticato, con cognizione, da parte della Civiltà Contadina.
Ben diverso invece è invece l’uso che se ne fa oggigiorno, inducendo effetti di varia natura, di certo dannosi per l’intera Comunità.
Prima di suggerire come rimediare, si vuole provare ad elencare il cosa accade se il fuoco distrugge la vegetazione:
- Il fuoco appiccato ai boschi distrugge gli alberi che e la vegetazione che spesso hanno impiegato decenni, se non secoli, a svilupparsi.
- I versanti dei rilievi vengono denudati della copertura vegetale protettiva e l’insolazione successiva contribuisce ad inaridire il territorio.
- La fauna, se non direttamente uccisa, è costretta a migrare altrove e spesso, non trovando adeguato foraggio, perisce.
- Col variare della stagione e l’avvento delle piogge inevitabilmente il terreno sciolto e la cenere vengono a valle e, trascinando con la massa dell’acqua ciò che è oramai in precario equilibrio, provocano inondazioni causando con i detriti alluvionali danni ai manufatti e alle attività produttive.
- Non trovando ostacoli nella vegetazione, si ha un incremento della velocità di scorrimento delle acque meteoriche che non riescono quindi ad infiltrarsi efficacemente nel terreno per incrementare le falde, che si impoveriscono.
- In fin dei conti aumenta e si aggrava il dissesto idrogeologico del territorio, già duramente minato dal suo utilizzo dissennato (cementificazione degli alvei, prelievo incontrollato di ghiaia dal greto dei fiumi, ecc.).
Attualmente – è evidente – il sistema dei controlli non funziona e la coscienza civica non esiste più!
Quindi per fare in modo che una adeguata prevenzione degli incendi sia perennemente attiva e una protezione dagli incendi sia efficace ed efficiente, occorre cambiare il sistema, ovvero capovolgere il punto di vista, con due obiettivi: uno immediato ed uno di medio-lungo termine.
Iniziando da quest’ultimo, è parere di chi scrive che si deve ripristinare l’insegnamento di quella che una volta si chiamava “educazione civica”, instillando nelle nuove generazioni – a partire dalla Scuola dell’Infanzia, il rispetto per l’ambiente e la cultura del paesaggio come Bene Comune da salvaguardare a tutti i costi.
L’immediato obiettivo, quello della prevenzione e protezione, lo si può ottenere garantendo a quello che era il Corpo Forestale dello Stato, od al suo attuale equipollente, adeguati introiti e remunerazioni fintanto che NON siano presenti incendi sul territorio assegnato, con sospensione immediata degli stessi non appena si dovessero verificare episodi incendiari.
La funzione di controllo e di distribuzione delle risorse dovrebbe essere affidata a funzionari e dirigenti professionisti (geologi ed agronomi in primis) direttamente dipendenti dalle Regioni, dal momento che le Province hanno oramai esaurito il proprio ruolo.
Il controllo ed il monitoraggio del territorio certamente funziona solo se i criminali colti in flagranza di reato (in questo caso con un unico grado di giudizio) sono messi in condizione di non nuocere ed obbligati a risarcire ai danni causati, in forma pecuniaria e con lavoro materiale e manuale; il tutto con efficacia immediata e soprattutto certa, fino alla estinzione del debito, valutato dai Funzionari Regionali, affiancati in qualità di CTU, ai Giudici che con rito immediato dovranno stabilire le pene da comminare.
La funzione di protezione dagli incendi poi non può che essere svolta dal Corpo dei Vigili del Fuoco che naturalmente deve avere ogni mezzo umano e tecnologico per svolgere efficacemente il ruolo assegnato, ivi compresi i mezzi aerei (Canadair, droni, ecc.).
Non ultimo, nel caso di incendi in aree private, la creazione obbligatoria di polizze assicurative atte al risarcimento dei danni: anche in questo caso però la Funzione ispettiva deve essere affidata ad Enti Terzi, ovvero ai Funzionari regionali con le adeguate competenze professionali.
E le risorse finanziarie? Certamente aggiuntive rispetto all’ordinario bilancio dello Stato, potrebbero e dovrebbero essere reperite nell’ambito dei sequestri operati alle organizzazioni criminali di modo che anche questo diventi un deterrente a delinquere.
E le Risorse Umane? Le competenze dei geologi e le conoscenze degli agronomi, lavorando in sinergia, potrebbero dare un enorme contributo a debellare il fenomeno criminale in atto con funzioni di controllo e di indirizzo, sempre che essi stessi siano messi in condizione di svolgere adeguatamente il proprio ruolo, anche con appropriate retribuzioni.
Un quadro complesso, in fin dei conti, ma soltanto con un progetto di ampio respiro, sotto il diretto controllo del Ministero dell’Ambiente e dell’Agricoltura, è possibile combattere i criminali disegni che depauperano continuamente il nostro territorio.