A Padova una delle più importanti mostre scientifiche sui dinosauri con i reperti provenienti dall’Argentina. I tre periodi del Mesozoico rappresentati con esemplari originali e ricostruzioni fedelissime. Guarda la nostra fotogallery.
Fino al 26 febbraio 2017, il Centro culturale Altinate San Gaetano di Padova ospita per la prima volta in Italia, una delle più importanti mostre scientifiche sull’evoluzione dei dinosauri, con reperti unici provenienti tutti da un territorio paleontologicamente ricco come l’Argentina (Vedi foto 1).
La mostra espone l’intero percorso evolutivo dei dinosauri dalle origini fino all’estinzione. Un percorso durato 150 milioni di anni, narrati attraverso reperti e copie accuratissime.
L’Argentina è l’unico paese al mondo in cui è possibile trovare una tale ricchezza di esemplari appartenenti ai tre periodi dell’Era Mesozoica e i suoi ritrovamenti sono testimonianze insostituibili dell’origine e dello sviluppo dei rettili nell’emisfero australe.
Vengono presentati quindi sia reperti originali, appartenenti alle collezioni scientifiche di alcune delle più prestigiose istituzioni museali argentine, insieme con riproduzioni ottenute con tecniche sofisticatissime a partire dai resti fossili, pezzi unici scientificamente rilevanti ricostruiti dai paleontologi che hanno partecipato attivamente alla realizzazione della mostra.
Attraverso un percorso cronologico, la mostra ripercorre l’intera storia dell’evoluzione dei dinosauri. Partendo dal Triassico, periodo al quale risalgono le rocce del parco naturale di Ischigualasto, da dove provengono i cinque dinosauri più antichi noti finora, la sezione prosegue con il Giurassico quando si assiste a un aumento nella varietà di forme, con lo sviluppo di grandi predatori e dei primi dinosauri coperti di piume. Infine il Cretaceo che, accanto alla diffusione delle piante da fiore, ha visto il massimo livello di biodiversità nel mondo dei dinosauri. In questo periodo sono vissuti i giganti di cui sono esposte le ricostruzioni in dimensioni reali come l’erbivoro più grande del mondo, l’Argentinosaurus huinculensis.
Ma seguiamo il percorso espositivo della mostra aiutati dalle immagini delle foto da noi scattate.
La mostra parte con una galleria introduttiva (Vedi foto 2) che ha lo scopo di dare una collocazione temporale ai dinosauri (e diciamo un pò a tutti i fossili trovati sulla Terra) e da cui si percepisce che i dinosauri sono, tutto sommato, ”recenti”, rispetto all’età della Terra. I dinosauri, infatti, sono vissuti da 230 a 66 milioni di anni fa, la Terra, invece, ha 4,6 miliardi di anni.
In galleria, quindi, sono illustrati i tre periodi dell’Era Mesozoica (il Triassico, il Giurassico e il Cretaceo).
Si parte dal periodo più recente, il Cretaceo, iniziato 145 milioni di anni fa e concluso 65 milioni di anni fa (Vedi foto 3). I dinosauri in questo periodo hanno raggiunto il massimo livello di biodiversità estinguendosi alla fine del Cretaceo.
Sulla tabella espositiva è anche illustrato il supercontinente chiamato Pangea il quale, nel Cretaceo, quasi raggiunse, con la separazione dei continenti, la forma attuale.
Si passa quindi al periodo Giurassico, da 205 a 145 milioni di anni fa (Vedi foto 4) quando la Pangea si divise in due grandi blocchi continentali, uno a nord e uno a sud. I dinosauri in questo periodo occuparono ogni possibile nicchia ecologica sulla terraferma ma tuttavia non conquistarono né l’aria e né l’acqua.
Infine si giunge al Triassico, iniziato 250 milioni di anni fa e concluso 205 milioni di anni fa (Vedi foto 5). In questo periodo tutti gli odierni continenti erano ancora uniti a formare la gigantesca Pangea e comparvero i primi dinosauri, i primi vertebrati volanti e probabilmente anche i primi mammiferi della Terra.
Alla fine della galleria introduttiva si entra nella prima sala espositiva, quella del Triassico, dove è mostrato uno dei più antichi dinosauri ritrovato in Patagonia, dal nome Mussaurus (Lucertola Topo), vissuto 220 milioni di anni fa. Il nome deriva dal fatto che quando fu scoperto si pensava fosse un dinosauro simile a un topo. In seguito si capì che era un cucciolo di dinosauro, con la tipica testa e cavità orbitali grandi (Vedi foto 6 e 7).
In seguito è esposto l’Herrerasaurus ischigualastensis (Triassico), ritrovato a Ischigualasco, un carnivoro di 228 milioni di anni fa, caratterizzato da una coda molto lunga per bilanciare il peso del suo corpo, tipico di tutti i dinodauri carnivori (Vedi foto 8-9-10).
La ricostruzione (Vedi foto 9) è stata fatta con colori scelti artisticamente, basata con confronti di animali che vivono attualmente.
Contemporaneo dell’Herrerasaurus ischigualastensis troviamo l’Eoraptor lunensis, di cui si può vedere una ricostruzione di un adulto, nonostante la piccola dimensione dell’animale (Vedi foto 11).
I dinosauri quindi non erano tutti giganti, questo era un carnivoro bipede, con le tipiche zampe che poggiavano a terra con tre dita, un predatore, quindi, che era anche predato da altri dinosauri.
Si passa quindi al Frenguellisaurus ischigualastensis di 5 milioni più giovane (Vedi foto 12), con caratteritiche tipiche da carnivoro, con coda lunga e denti appuntiti, seghettati e rivolti verso l’interno, per strappare pezzi di carne delle prede.
In questo periodo, nei carnivori la testa comincia ad ingrandirsi per rendere il morso più efficace e gli artigli si svilupparono per tenere ferma la preda (Vedi foto 13).
Dallo scheletro, in posizione di corsa, si notano le zampe posteriori possenti e la coda e la testa allo stesso livello. Una forma aerodinamica ideale per correre (Vedi foto 14 e 15).
In fondo alla stanza del Triassico è esposto un reperto di dinosauro che ci dà l’idea di come si trovano i fossili e i dinosauri, cioè all’interno dei sedimenti di roccia (Vedi foto 16). Quello esposto è un dinosauro onnivoro dal nome Panfagia Protos, che si nutriva di felci e di insetti e che rappresenta un collegamento tra i primitivi carnivori e i dinosauri erbivori.
Giungiamo quindi nella sala del Giurassico (periodo che va 200 a 145 Milioni di ani fa) (Vedi foto 17) e il primo dinosauro che si può osservare è l’Adeopapposaurus mognai, un erbivoro con il collo e la coda lunga e la testa piccola. Si nota che le zampe anteriori poggiavano per la prima volta a terra, ma non in maniera ancora perfetta; siamo infatti all’inizio dei dinosauri quadrupedi; le zampe posteriori invece erano di tipo colonnare (Vedi foto 18).
Di seguito sono esposte delle tracce di impronte fossilizzate, forse di un bipede carnivoro (Vedi foto 19). Le impronte fossilizzate danno informazioni diverse rispetto agli scheletri. In genere possono essere impronte di movimento ma possono essere anche di uova o coproliti (escrementi).
Più avanti è esposto un altro dinosauro erbivoro, il Leonerasaurus taquetrensis (Vedi foto 20), con il collo lungo, la testa piccola e i denti ”a foglia” per strappare, appunto, le foglie dagli alberi. Si nota come le zampe anteriori poggiavano bene a terra.
L’ultimo dinosauro esposto in mostra, del Periodo Giurassico, è il Piatnitzkysaurus floresi (Vedi foto 21), un super predatore con zampe a quattro dita di cui ne poggiavano a terra solo tre. Le zampe anteriori sono molto ridotte (Vedi foto 22) rispetto ai predatori più antichi. Questo carnivoro catturava la preda con la testa ma poi se la fermava con le zampe. In questo periodo si nota come la testa dei predatori cominciava ad alleggerirsi, infatti il cranio presentava grandi cavità.
Si passa quindi nella sala del Cretaceo in cui si trovano due esemplari enormi, la preda, l’Argentinosaurus huinculensis, e il predatore, il Giganotosaurus carolinii (Vedi foto 23).
Il predatore esposto era molto più grande del più famoso Tirannosaurus Rex, vissuto a nord della Terra. Presentava zampe posteriori molto sviluppate e anteriori molto ridotte. Erano dinosauri che per correre hanno dovuto sviluppare i polmoni e i muscoli, per questo motivo ridussero di molto le zampe anteriori.
Il Giganotosaurus carolinii pesava 8 tonn, aveva un cranio enorme (Vedi foto 24) con denti appuntiti e si nutriva dell’Argentinosaurus huinculensis.
Il dinosauro più grande in mostra è quindi l’Argentinosaurus huinculensis, sauropode (Vedi foto 25), che poteva raggungere le 80 Tonn di peso, dieci volte maggiori del suo principale predatore. Di questi dinosauri sono stati trovati pochi reperti che hanno dato la possibilità di risalire alle ricostruzione presente in mostra.
E’ chiamato titanosauro; come si vede la testa è molto piccola rispetto al corpo e i denti sono tutti uguali e posti solo davati (Vedi foto 26). Da qui di capisce che questi animali non masticavano, avevano quindi dei gastroliti (piccoli sassi) nello stomaco per aiutare la digestione.
Si giunge quindi, sempre nel Cretaceo, ai dromeusauridi, considerati gli antenati degli uccelli, più noti come raptor. Di questi sono esposti l’ Austroraptor cabazai (vedi foto 27) e il Unenlagia comahuensis (vedi foto 28) . Erano carnivori e avevano piume sul corpo. Altra caratteristica importante la presenza della furcula (l’osso biforcuto presente al petto degli uccelli).
La coda di questi sauri, nella parte finale, aveva vertebre ossificate. Per questo era molto rigida e veniva forse usata come frusta.
Infine in mostra sono esposte sei uova di sauropodi (vedi foto 29) trovate nello straordinario sito di Auca Mahuevo, nella provincia di Neuquén in Patagonia. In questo sito, in un avvallamento di 1 kmq, sono state trovate uova a gruppi di 20/30 distanti di 2 o 3 metri. Da ciò si è capito che le femmine andavano a deporre le uova insieme. La cosa interessante di questo sito è che sono state trovate uova in più livelli di strati di roccia, il che significa che le femmine sono tornate, nei millenni, a depositare le uova sempre nello stesso posto.
Le uova erano abbastanza piccole rispetto alle dimensioni dei dinosauri perchè, oltre una certa dimensione, gli embrioni non riuscivano a sopravvivere. Da qui si capisce anche che i dinosauri avevano una crescita molto veloce.
Ultimo esemplare esposto in sala è il Talenkauen santacrucensis, (vedi foto 30) un erbivoro con la testa piccola e il bacino da uccello. La testa ha un becco nella parte anteriore che serviva per strappare le foglie mentre i denti posteriori servivano per triturarle.
Questa la lunga e bella ”cavalcata” della mostra sui dinosauri argentini. Un lungo percorso che riesce a coinvolgere tutti grazie a una nuova concezione espositiva, associando reperti originali e ricostruzioni molto fedeli. Un modo sicuramente didattico per avvicinare, soprattutto i più giovani, ai dinosauri, ai fossili e quindi alla geologia.
GUARDA LA FOTOGALLERY COMPLETA (Foto di Antonio Toscano):