La gestione politica del rischio geologico nella Civita di Bagnoregio durante i governi Crispi e Di Rudinì (1889-1891)
La Civita di Bagnoregio sorge in provincia di Viterbo ed è nota, oltre per l’immutata veste medievale del borgo, per i fenomeni franosi che intaccano i versanti della collina su cui sorge.
Edificata su un banco tufaceo sovrastante il basamento argilloso, è conosciuta come “la città che muore” proprio per i crolli causati dai fenomeni geologici citati.
Il problema era ben noto già sul finire dell’800 ed è stato affrontato dalle autorità politiche nazionali. In questa sede si analizzano in particolar modo le vicende che intercorsero durante i governi Crispi II e Di Rudinì I negli anni 1889-1891. Esaminando il carteggio del Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio, conservato presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma[1], risulta evidente l’interesse che le autorità hanno mostrano nel risolvere il problema. Attraverso le lettere vengono ricostruite le procedure amministrative che portarono alla formazione di un’apposita commissione scientifica.
Il primo documento in ordine cronologico risale al 17 aprile 1889. Si tratta di una lettera della Prefettura di Roma indirizzata al Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio. “Il suolo su cui è costruita l’abitato di Civita, frazione del Comune di Bagnorea, – così spiega la situazione il Prefetto di Roma[2] – per le sue condizioni geologiche, fa temere che in un tempo non lontano possano rovinare gli edifici, per cui vi è continuo pericolo per la sicurezza di quegli abitanti.” È dunque proposta la formazione di una Commissione scientifica “con incarico di visitare la località e proporre quelle misure che si ritenessero atte a garantire la stabilità di quelle abitazioni […] se sia indispensabile uno speciale provvedimenti legislativo per costringere gli abitanti a trasferirsi nel capoluogo del Comune.” Al Ministero, dunque, è richiesta la nomina di un geologo che possa adempiere all’incarico accennato.
Qualche mese dopo, il 28 agosto 1889, il Ministero dell’Agricoltura informa l’Ispettore capo delle Miniere e chiede che sia suggerito un ufficiale del Corpo che possa partecipare alla Commissione.
L’Ispettore Capo delle Miniere, Felice Giordano[3], risponde alla domanda il 2 ottobre 1889. “È pur troppo che la frazione di Civita, – spiega così la situazione geologica del borgo – collocata all’incirca al livello di Bagnorea e dapprima in facile comunicazione con questo centro abitato, ne è ora separata da un profondo burrone il quale per naturale scoscendimenti cresce continuamente di ampiezza e renderà sempre più critica la condizione delle poche case che compongono la frazione suddetta”. È ritenuta molto utile la proposta di fondare una Commissione scientifica così da poter contribuire allo studio di questi fenomeni. Giordano suggerisce di delegare l’ingegnere capo Pietro Zezi, geologo cremonese, nato nel 1844 e morto nel 1914.
Pochi giorni dopo, il 7 ottobre, il Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio informa la Prefettura di Roma della nomina di Zezi. Chiede quindi di informare l’ingegnere dell’incarico affidatogli e di indicargli il luogo e la data della prima adunanza della commissione.
Nella corrispondenza ministeriale analizzata si riscontra un salto cronologico di oltre un anno. Con lettera del 5 aprile 1891 la Prefettura di Roma riassume al Ministero il lavoro svolto. Informa che fu nominata, in seguito all’ultima lettera del 7 ottobre 1889, una commissione composta da Ludovico Paoli, Tommaso Tittoni[4], Pietro Zezi e Romolo Meli[5] e che è stata ultimata da questi la relazione. Si chiedono chiarimenti riguardo il rimborso per le spese dei componenti. Il Ministero risponde l’11 aprile, affermando che può provvedere al pagamento esclusivamente per le indennità del proprio delegato. Pertanto la Prefettura il 23 aprile chiede chi deve provvedere al pagamento degli altri componenti. Nicola Miraglia, direttore della sezione dell’Agricoltura, ribadisce il 4 maggio ciò che aveva comunicato in precedenza. Il Ministero, infatti, non aveva nominato la Commissione in questione, ma si era limitato esclusivamente alla scelta di uno dei componenti. Pertanto non gli spettava la retribuzione a favore degli altri partecipanti. Questo documento del 4 maggio 1891 è cronologicamente l’ultimo del fascicolo.
La corrispondenza, dunque, permette di ricostruire le vicende politiche e le misure d’emergenza che il giovane stato italiano sul finire del XIX secolo ha attuato per contrastare un problema che risulta ancora attuale, al quale si cerca di trovare una soluzione.
[1] Archivio Centrale dello Stato, MAIC, Direzione Generale dell’Agricoltura, V versamento, busta 962.
[2] Luigi Gravina prefetto di Roma dal 15 febbraio 1880 al 10 agosto 1890.
[3] Felice Giordano (Torino, 6 gennaio 1825 – Vallombrosa, 16 luglio 1892).
[4] Tommaso Tittoni (Roma, 16 novembre 1855 – Roma, 7 febbraio 1931) è stato un diplomatico e politico italiano. Presidente del Senato dal 1919 al 1929 e Presidente del Consiglio dei Ministri nel 1905.
[5] Romolo Meli (Roma, 23 aprile 1852 – Roma, 1 gennaio 1921).
Le FOTO sono state gentilmente concesse dal Geologo Francesco Cuccurullo