Cosa sono gli uragani?

Cosa sono gli uragani, chi decide i loro nomi, come si formano e perchè solo in alcune zone del mondo?

Gli uragani sono un fenomeno atmosferico molto potente; sono perturbazioni a carattere rotatorio caratterizzate da venti violenti e piogge intense.

Uragani, tifoni e cicloni tropicali sono lo stesso fenomeno ma gli scienziati usano nomi diversi in base al luogo d’origine.

Gli uragani nascono nell’Oceano Atlantico nel Pacifico Settentrionale, Golfo del Messico e Mar dei Caraibi e devono il loro nome a “Hurakan”,  divinità caraibica associata alle tempeste. Si formano generalmente tra estate e autunno. Nel Pacifico nord – occidentale, nell’Oceano Indiano e nel Mar Cinese vengono chiamati tifoni. In Australia sono conosciuti come Willy Willies. Altre volte sono chiamati cicloni;  la parola ciclone viene infatti dal greco “kuklos” (circolare) indicando così la caratteristica principale di queste tempeste.

Uragano Katrina - Immagine NASA

Uragano Katrina – Immagine NASA

I cicloni tropicali si formano sugli oceani dove l’acqua è abbastanza calda da poter evaporare (26° circa); in queste zone l’aria si riempe di vapore acqueo che condensa ad alta quota formando nubi temporalesche;  le correnti d’aria, che si generano con la risalita dell’aria umida, convergono poi verso un punto centrale, il cosiddetto occhio del ciclone, creando un vortice.

I cicloni si formano vicino all’equatore, ad una distanza di circa 10° di latitudine, poiché solo qui le masse d’aria risentono di una forza, detta di Coriolis, che ne provoca la rotazione. Quando si allontanano dai tropici diventano cicloni extra – tropicali e perdono energia.

Gli uragani si formano nella fascia dei tropici.

Gli uragani si formano nella fascia dei tropici

Gli scienziati li classificano come uragani, tifoni o cicloni, solo se i venti raggiungono una velocità di almeno 117 chilometri orari. Al di sotto si parla depressioni o tempeste tropicali.

La potenza degli uragani e dei cicloni viene misurata con la scala Saffir-Simpson, chiamata così dal nome degli statunitensi Herbert Saffir e Robert Simpson che l’hanno ideata nel 1969.

E’ formata da 5 categorie, in base alla velocità dei venti e del potenziale distruttivo.  È da tener presente che un uragano di grandi dimensioni può avere un diametro fino ai 500 km.

 

  • Categoria 1–  venti da 118 a 153 km/h. I danni sono limitati a barche, alberi, tetti, con possibili inondazioni nelle zone costiere.
  • Categoria 2– da 154 a 177 km/h, i danni peggiorano e può essere necessario evacuare la zona costiera.
  • Categoria 3– venti  da 178 a 209 km/h;  danni al le case. Le zone costiere possono essere sommerse dall’ acqua fino a 4 metri.
  • Categoria 4–da 210 a 240 km/h ; danni gravi alle case. Le inondazioni della costa possono superare i 6 metri oltre il livello normale. È necessaria l’evacuazione della popolazione fino a 10 km di distanza verso l’entroterra.
  • Categoria 5– è la più devastante, con venti superiori ai 250 km/h. Gli edifici vengono abbattuti e le inondazioni sulla costa sono gravissime. Gli abitanti entro i 16 km dalla costa devono abbandonare le loro case.

 

Gli uragani hanno solitamente nomi femminili o maschili. Questi nomi sono decisi dall’Organizzazione meteorologica mondiale  che li sceglie da liste precompilate.

Per ogni lettera dell’alfabeto esiste un nome da assegnare in sequenza a rotazione. Alla prima tempesta della stagione viene dato un nome con la A, alla seconda un nome con la B e cosi via.  Q, U, X, Y e Z non vengono utilizzate. Se la tempesta viene promossa ad uragano, a questo resterà il nome assegnato alla nascita.

Quando i nomi delle liste finiscono si ricomincia da capo eliminando, però, i nomi degli uragani più distruttivi. Ad esempio, non ci sarà mai più un altro uragano Katrina o Irma e questi nomi saranno per sempre associati ad un particolare evento.

I nomi da usare fino al 2022 sono già stati decisi.

Da qualche anno gli scienziati discutono sull’ipotesi che il riscaldamento globale provochi uragani più violenti; in teoria, un aumento di temperatura provocherebbe un riscaldamento dell’acqua degli oceani favorendo la nascita dei cicloni ma non c’è certezza che tra i due fenomeni ci sia un collegamento reale.

IMMAGINE IN EVIDENZA: NASA

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