Forse già molti conoscono il Marsili, il vulcano sottomarino localizzato nel Tirreno meridionale, appartenente all’arco delle Isole Eolie.
Recenti studi hanno definito questo vulcano potenzialmente pericoloso in quanto, una sua ripresa dell’attività eruttiva, potrebbe provocare uno tzunami che interesserebbe le coste tirreniche meridionali, calabresi, siciliane e del Cilento, in Campania meridionale.
Gli studi del Marsili sono iniziati nel 2005 nell’ambito dei progetti strategici del CNR. In primo luogo è stata determinata la sua reale dimensione che con i suoi 70 km di lunghezza e 30 km di larghezza è sicuramente uno dei vulcani più estesi d’Europa, basti pensare che dal fondo marino si eleva per circa 3000 metri, e la sua cima raggiunge la quota di circa 450 metri al di sotto della superficie del mare.
Sul vulcano attualmente si registrano fenomeni attivi e sui fianchi si stanno sviluppando numerosi apparati vulcanici satellitari.
Nel 2010 la nave oceanografica Urania, del CNR, ha iniziato una campagna di studi sul vulcano sottomarino rilevando potenziali rischi di crolli determinati da pereti rocciose piuttosto instabili.
Ultimamente, invece, sono sorte nuove teorie sul Marsili in quando il vulcano è stato recentemente trivellato allo scopo di acquisire informazioni sulle ultime eruzioni e sulle condizioni di stabilità dei fianchi del vulcano.
Lo scienziato Steven N.Ward, che ha coordinato gli studi, ha eseguito ricostruzioni e simulazioni di un’eventuale eruzione sottomarina, con contemporanea attivazione di una grande frana.
Secondo lo scienziato una eruzione del Marsili non basterebbe a provocare uno tsunami ma servirebbe necessariamente anche una frana di un intero settore del vulcano che potrebbe innescarsi a seguito di una grande eruzione.
Come al solito gli scienziati fanno solo ipotesi ma ad oggi non c’è nessun cenno di eruzione imminente ed il vulcano è costantemente tenuto sotto controllo da varie sale operative.
È stato ipotizzato che la frana delle pareti instabili potrebbe muovere milioni di metri cubi di materiale in pochissimi secondi, generando un’onda anomala che secondo gli esperti potrebbe raggiungere i 100 metri di altezza.
Ricordiamo che a seguito del terremoto dell’Emilia del 2012 e allo sciame sismico che nello stesso periodo ha interessato Calabria e Basilicata, il 29 maggio 2012, Franco Ortolani, ordinario di Geologia e Direttore del Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio già lanciò l’allarme Marsili dicendo che: « Bisogna al più presto organizzare sistemi di difesa dei litorali.»
Mentre nel 2011, sempre Franco Ortolani, dichiarò:
«Uno studio che ho avviato dopo il maremoto del 30 dicembre 2002 che interessò Stromboli, le isole vicine e la costa compresa tra Milazzo (Sicilia) e Marina di Camerota (Campania), ha evidenziato che, in base ai dati pubblicati (Tsunamis Research Team, Physics Dept – University of Bologna and National Institute of Geophysics and Volcanology (INGV) – Rome) negli ultimi 2000 anni vi sono stati 72 movimenti anomali del mare che hanno interessato le coste italiane. I risultati della ricerca eseguita con la collaborazione di Silvana Pagliuca del CNR, sono stati presentati al Congresso Internazionale di Geologia tenutosi a Firenze nell’agosto 2004. Il più recente maremoto italiano è stato quello che si è innescato poco dopo le ore 13 del giorno 30 dicembre 2002 nell’area di Stromboli, con conseguente inondazione della fascia costiera fino ad altezza di alcuni metri sul livello medio del mare. L’evento anomalo ha determinato seri danni ai manufatti più vicini al mare e ha provocato il ferimento di alcune persone; esso si è avvertito lungo la costa siciliana nella zona di Milazzo e in quella campana nel porto di Camerota. Il maremoto è stato innescato da una frana sottomarina.».
Il rischio tzunami, connesso a terremoti ed eruzioni vulcaniche, è, quindi, un altro argomento che occorre bene conoscere e che a cui diverse migliaia di persone ne sono sottoposte.