Il rover Curiosity è un vero e proprio laboratorio scientifico in grado di eseguire una serie di analisi e di memorizzarne i risultati sulle memorie dei suoi computer.
A spasso per curiosare…”Se fossi in loro, io la vita in forma microscopica la cercherei analizzando le argilliti da un punto di vista micropaleontologico. ”
di Lucio Versino
”Sono stato lanciato nello spazio il 26 novembre del 2011 e sono arrivato qui sano e salvo il 5 agosto del 2012 dopo un viaggio di oltre 560 milioni di chilometri. Oggi è 14 giugno sulla Terra e per me è il sol numero 3848 Cos’è il sol? Semplice: è il giorno marziano. È più lungo di quello terrestre per 37 minuti e 23 secondi. Se non lo avete ancora capito, io sono il rover Curiosity e sto curiosando sul Pianeta Marte per soddisfare la curiosità di un certo numero di scienziati curiosi che se ne stanno comodi sulla Terra davanti ai monitor dei loro calcolatori ad ordinarmi quale lavoro devo svolgere: fai una foto qui, fai un foro lì, analizza quella roccia, fai due passi a sinistra in avanti …”
Al rover Curiosity manca solo la parola.
Se così non fosse, ci racconterebbe, con la caratteristica inflessione a metà strada tra quella di un robot e quella della lingua inglese (USA), ciò che gli sta capitando sul fondo del Cratere Gale nel Pianeta Rosso, poco a Sud dell’Equatore marziano.
Il suo obiettivo principale che è poi quello degli scienziati della Nasa che lo hanno progettato, realizzato e lanciato nello spazio fino a guidarlo nel punto esatto previsto dai programmi (il rover ha toccato il suolo marziano in una zona denominata Bradbury Landing), è di verificare l’esistenza delle condizioni di vita attuale o passata, per scoprire se, sul pianeta terrestre più simile alla Terra, ci sono state condizioni per la vita almeno a livello microbico.
Per questa ragione il rover Curiosity MSL (Mars Science Laboratory) è un vero e proprio laboratorio scientifico in grado di eseguire una serie di analisi, di memorizzarne i risultati sulle memorie dei suoi computer, di trasmetterli o direttamente a Terra o ai satelliti artificiali che orbitano intorno al pianeta Rosso (Fig 1).
Gli scienziati hanno scelto di far ‘ammartare’ Curiosity nel cratere da impatto Gale formatosi circa tre miliardi di anni fa (Marte come la Terra ha un’età di 4,5 miliardi di anni) per la caduta di un grande asteroide. La sua forma è tipica di molti altri crateri da impatto: è circolare, ha i margini rilevati e nel fondo della concavità presenta un rilievo. Questo cratere ha un diametro di circa 154 km.
L’immagine della figura 2 da un’idea della sua morfologia.
Al centro del cratere si erge il Mount Sharp originariamente denominato Aeolis Mons. Si tratta di un rilievo alto circa 5mila metri rispetto alla base del cratere. Una serie di ricerche in corso sta tentando di chiarirne le origini.
Secondo uno studio effettuato da un gruppo di ricercatori composto da Milliken, Grotzinger e Thomson (Milliken et al., 2010), in questo cratere affiora una serie di rocce stratificate di chiara origine sedimentaria. Ciò dimostra in tempi remoti e a scala globale le condizioni climatiche sono state sul Pianeta Marte molto diverse da quelle attuali. I risultati di questo studio sono stati pubblicati nel 2010 sulla rivista Geophysical Research Letters.
Si tratta di rocce sicuramente originate in ambiente marino o lacustre costituite da argilliti fittamente stratificate. Ad esse, in discordanza angolare, si sovrappongono arenarie a stratificazione incrociata che ricordano le sabbie sottoposte all’azione del vento.
Entrambi i due tipi di rocce si formano, com’è noto, per disgregazione fisica e alterazione chimica di altre rocce composte da minerali silicatici come, ad esempio, quelle originate dai vulcani molto attivi nel pianeta fino a qualche decina di milioni di anni fa. Uno dei più giovani tra questi è l’Olympus Mons che con i suoi 23 km di altezza rappresenta il più grande vulcano nel Sistema Solare.
L’aver scoperto questa serie di rocce sedimentarie costituisce un’ulteriore prova che in passato su Marte esistevano condizioni climatiche tali da consentire l’esistenza di un’atmosfera ricca di vapor d’acqua e un’idrosfera con bacini oceanici e lacustri.
L’esistenza di acqua in fase liquida è documentata anche da una serie di forme di erosione: calanchi sui fianchi dei rilievi più acclivi, letti di corsi d’acqua, tracce di morfologie deltizie che terminano in prossimità di probabili bacini oceanici come è stato rilevato da uno studio effettuato da Vaz e coautori (Vaz et al.,2020).
La presenza di acqua allo stato solido (ghiaccio) è stata da tempo individuata e localizzata nelle zone polari mentre sono stati individuati indizi di antichi depositi glaciali su alcuni dei maggiori rilievi. É ormai certa l’esistenza di livelli di ghiaccio all’interno degli strati superficiali del suolo, come dimostrerebbero certe strie scure (dark slope streaks o anche recurrent slope lineae) che si osservano lungo i pendii ripidi di alcuni crateri o nelle scarpate di certi rilievi nelle zone equatoriali.
Nel 2015 lo scienziato nepalese Lujendra Ojha, insieme ad altri ricercatori (Ojha et al., 2015), ha determinato che le strie sono causate dallo scioglimento di livelli di ghiaccio contenuti negli strati superficiali e del successivo scorrimento di acque salate per la presenza di perclorati di magnesio, clorati di magnesio e perclorati di sodio.
I risultati di queste ricerche sono pubblicati in due articoli su Nature Geoscience Letters del 28 settembre 2015 (Fig. 3).
É molto probabile che la scelta del luogo dove far toccare il suolo al rover sia legata ai risultati sul Gale crater ottenuti nel 2010 più sopra citati.
La presenza di rocce sedimentarie (le argilliti) ha costituito la condizione necessaria per l’esistenza di un bacino lacustre e l’acqua è una delle condizioni favorevoli per lo sviluppo della vita. Non resta al rover che individuare altri indizi utili per la scoperta di antiche forme di vita.
Gli altri obiettivi affidati a Curiosity non sono meno importanti.
Con i suoi strumenti il rover laboratorio è in grado di prelevare campioni di rocce, di sgretolarli, setacciarne i frammenti e di effettuarne analisi chimico – mineralogiche.
Altri strumenti si occuperanno di rilevare le caratteristiche atmosferiche nel suo intorno (pressione, umidità, temperatura dell’aria e del suolo, intensità e direzione del vento) e di misurare i livelli di radiazione ultravioletta.
Il rover è dotato di sei ruote, tre per lato, che gli consentono di spostarsi secondo gli ordini inviati da Terra che riceve grazie ad un’antenna ad alto guadagno. Tutte le sue attività sono guidate dalla NASA che organizza le operazioni in collaborazione con vari gruppi di ricerca uno dei quali ha sede presso il Jet Propulsion Laboratory del California Institute of Tecnology.
La figura 1 ripresa dal sito internet della NASA e integrata con brevi spiegazioni delle funzioni dei vari strumenti, rappresenta il rover Curiosity, il più completo ed il più grande rover rispetto agli altri che lo hanno preceduto.
E’ inutile aggiungere che lo scopo vero dei rover è di tentare di completare le conoscenze sulle possibilità di far giungere su Marte una spedizione umana e di predisporre le difese indispensabili per contenere al minimo i possibili incidenti agli esploratori spaziali.
Essi dovranno in particolare difendersi dalle radiazioni provenienti dal Sole e dallo spazio profondo dato che il Pianeta Rosso è privo di campo magnetico, ma anche dalle escursioni termiche elevate e alla presenza di un’atmosfera con pressione molto bassa costituita in prevalenza da anidride carbonica.
Il rover in questi giorni si trova all’apice di un canyon. Probabilmente, da Terra, riceverà gli ordini per addentrarsi nella Gediz Vallis (Fig. 4).
In fondo a questa valle si troverà di fronte ad una unità stratigrafica di colore chiaro caratterizzata da profonde incisioni (yardangs).
<… e proprio al compimento del sol numero 1931 non mi è stato per caso ordinato di eseguire una panoramica dei luoghi che mi circondano? Una fatica che non vi dico! Io ho obbedito ed ecco quello che è stato capace di fare il vostro rover. (Figura 5).
Se fossi in loro, io la vita in forma microscopica la cercherei analizzando le argilliti da un punto di vista micropaleontologico. Tra le forme di vita unicellulari che possono aver lasciato le loro tracce conservandole nel tempo, cercherei i Radiolari. Essi sono, come ben sapete, microscopici protozoi. Hanno un’impalcatura costituita da silice che alla loro morte si deposita sui fondali senza subire alterazioni …, ma questa è una pensata di chi, dai sapientoni della Terra, viene considerato solo un mucchio di ferraglia a perdere.”
Lavori citati
Milliken R.E., Grotzinger J.P. & Thomson B.J. (2010) – Paleoclimate of Mars as captured by the stratigraphic record in Gale Crater. Geophysical Research Letters, VOL. 37, L04201, DOI:10.1029/2009GL041870.
Ojha L., Wilhelm M.B., Murchie S.L., Mcewen A.S., Wray J.J., Hanley J., Massé M. & Chojnacki M. (2015) – Spectral evidence for hydrated salts in recurring slope lineae on Mars. Nature Geosciences Letter.
Vaz D.A., Di Achille G., Brian M. Hynek B.M., Nelson W., Williams R.M.E. (2020) – Martian fan deposits: Insights on depositional processes and origin from mass balance survey. Earth and Planetary Science Letters.www.elsevier.com/locate/epsl.