I geologi planetari, grazie ai progressi nel campo delle tecnologie spaziali, hanno avuto maggiori possibilità di studiare nuovi mondi. Ma come si realizza la carta geologica di un altro pianeta?
L’unico modo per raccogliere dati è in remote sensing.
L’esempio della carta geologica del settore Vivaldi di Mercurio.
di Alessandro Mosca
Nell’epoca attuale i geologi planetari, grazie ai progressi nel campo delle tecnologie spaziali, hanno maggiori possibilità di studiare i pianeti del Sistema Solare da più vicino contribuendo ad ampliare il bagaglio di conoscenze in tale ambito scientifico.
Uno dei lavori di studio e di ricerca che si svolge in geologia planetaria è la stesura di carte geologiche che descrivono le caratteristiche geologiche-geomorfologiche della superficie del pianeta indagato.
Ma come si realizza una carta geologica di un altro pianeta?
Sulla Terra i geologi lavorano in più fasi per costruire la carta geologica finale.
Uno dei primi passaggi è l’attività di campo con il rilevamento geologico dell’area che si vuole indagare; armati di bussola, martello, carte topografiche, gps ecc., si raccolgono informazioni utili come i contatti e le successioni stratigrafiche, la presenza o meno di strutture tettoniche (faglie, pieghe), di strutture vulcaniche, di fossili ecc.
Quando si studia un altro pianeta tutto questo non può essere svolto e l’unico modo per raccogliere dati è in remote sensing, ovvero attraverso strumenti scientifici a bordo delle sonde spaziali in orbita intorno al pianeta o in passaggio ravvicinato (flyby).
Una volta acquisiti i dati (immagini di vario tipo), questi fungeranno da “base” per la realizzazione della carta geologica. I metodi usati per tale scopo comprendono tutta una serie di software tra cui il programma ARC-GIS di ESRI.
L’ARC-GIS rappresenta un sistema informativo geografico che viene usato per la creazione e l’uso di mappe, per la compilazione di dati geografici e spaziali. Una volta acquisiti i dati in opportuni datasets, consente di digitalizzarli, creando specifiche mappe di dettaglio dell’area interessata.
A titolo esemplificativo si riporta un esempio di mappatura eseguita che ha interessato un settore della superficie del pianeta Mercurio.
Usando i dati e le immagini della sonda Messenger della Nasa (la prima e finora unica sonda ad entrare in orbita intorno al pianeta Mercurio) è stato mappato il settore Vivaldi, chiamato così dal cratere d’impatto principale che domina questo settore.
Sono stati delineati i vari contatti geologici e sono state identificate le diverse morfologie, evidenziando la presenza nel settore interessato di un certo numero di crateri degradati. La scala utilizzata per il lavoro di mappatura comprende un range tra 1:10. 000.000 a 1:250.000 mentre la scala finale della mappa è di 1:2.500.000.
Per le varie classi di features sono stati usati layers vettoriali, strutturati e organizzati all’interno di un geodatabase GIS, seguendo le raccomandazioni USGS, per consentire la digitalizzazione dei dati che sono stati raggruppati in tre classi di caratteristiche principali: contatti geologici (CG), morfologie lineari (LF), morfologie di superficie (LS).
- I contatti geologici (GC) definiscono i limiti tra le varie unità geologiche rappresentate dalle smooth plains, intermediate plains, e le intercrater plains. Insieme alle classi di materiali craterici, rappresentano il principale layer di digitalizzazione. Vediamoli in dettaglio.
Le intercrater plains rappresentano l’unità più profonda presente nella carta. Sono caratterizzate da un’alta densità craterica e rappresentano i resti di flussi vulcanici messi in posto come ejecta fluidificato ad opera di grandi crateri d’impatto e la loro età va dal Pre-Tolstoiano al Tolstoiano.
Le intermediate plains si presentano con superfici da planari ad ondulate formando depositi craterizzati con regioni ad alta tessitura le quali risultano da una combinazione di ejecta e da piccoli crateri secondari. La loro distribuzione è a chiazze senza limiti netti con le unità geologiche adiacenti. La loro età va dal Pre-Tolstoiano al Tolstoiano.
Le smooth plains sono così definite per le loro caratteristiche relativamente piatte e poco craterizzate. Esse si presentano a chiazze con limiti netti disseminati sulla coltre d’ejecta del bacino Vivaldi e di altri crateri. La loro origine è da collegarsi ad un vulcanismo effusivo oppure ad ejecta fluidificato da impatto. Sono le unità geologiche più giovani del pianeta con età Caloriana.
- Le caratteristiche morfologiche lineari (LF) rappresentano caratteristiche morfostrutturali come le strutture contrazionali o i bordi dei crateri. Le strutture contrazionali sono divise in primo e secondo ordine. Quelle di primo ordine sono caratterizzate da un’elevata estensione e possono intersecare vari tipi di strutture morfologiche, mentre quelle di secondo ordine sono più limitate in lunghezza.
- Le morfologie superficiali (LS) sono invece le catene di crateri secondari e i cluster di hollows. Gli hollows, presentano un albedo più alto rispetto alle zone circostanti e sono state interpretate come cavità, riscontrate in varie zone del pianeta riprese dalla sonda Messenger. Poiché si è notato che, dove sono presenti gli hollows non ci sono crateri da impatto, si è dedotto che tali formazioni siano relativamente recenti. Una delle ipotesi riguardo alla loro origine è che essi si siano formati dalla sublimazione di materiale sottostante la superficie del pianeta, che fu esposto durante la formazione dei crateri. Questi fenomeni potrebbero essere una caratteristica peculiare di Mercurio, a causa della sua vicinanza al sole, che, con il suo costante flusso di particelle cariche, rappresenta un potente meccanismo di erosione dei materiali volatili, che vengono a trovarsi esposti alla superficie del pianeta.
Per quanto riguarda i crateri essi hanno differente simbologia in base alla loro grandezza. I crateri maggiori di 10 km sono stati mappati come crateri standard e sono sempre associati ai loro contatti geologici che ne definiscono i limiti, mentre i crateri che si estendono dai 5 ai 10 km sono classificati come crateri piccoli e non sono delineati da contatti geologici.
La simbologia dei crateri sepolti è stata assegnata a quei crateri i cui bordi crestati sono appena visibili e chiaramente ricoperti da depositi di altri crateri sovrapposti.
Per quanto riguarda la classificazione dei crateri è stata preferita, rispetto alla precedente classificazione USCG, quella semplificata che utilizza tre classi, per facilitarne il riconoscimento.
Nel settore Vivaldi si individuano molte strutture antiche risalenti al periodo dell’intenso bombardamento del sistema solare. In esso si evidenzia la presenza di crateri molto degradati e ben conservati appartenenti alle rispettive classi C1 C2 C3.
Questo settore di studio permette dunque di ottenere nuovi dati ad esempio sulle unità di substrato e unità geologiche, sulle unità crateriche di una vasta area e formulare ipotesi sui processi di craterizzazione e fagliazione.
I progetti di cartografia geologica si inseriscono anche nelle selezioni di target osservativi in vista di future missioni di esplorazione spaziale, finalizzate nel cercare di rispondere agli enigmi che questi mondi lontani celano.