L’apparato eruttivo dell’eruzione dell’ Etna del 1928. Un interessante geosito sul versante nordorientale del vulcano siciliano.
Quella del 1928 è stata una delle eruzioni più distruttive dell’Etna degli ultimi secoli. Il complesso apparato eruttivo, apertosi a più riprese sul fianco nordorientale tra il 2 e il 4 novembre 1928, ha prodotto una serie di flussi lavici importanti, il più lungo dei quali si arrestò a poche centinaia di metri dalla costa ionica dopo aver distrutto per intero l’abitato di Mascali. La frattura eruttiva dell’eruzione si attivò prima a quote più alte e poi a valle nei giorni 1, 2 e 3 novembre. La parte localizzata in contrada Ripa della Naca conserva tutt’ora una serie,ancora ben conservata, di hornitos, piccoli conetti dalla forma allungata che si formanoper la sovrapposizione di brandelli lavici.
L’eruzione ebbe inizio alle ore 16 circa del 2 novembre 1928 con attività esplosiva al cratere sommitale di NE. Poco dopo una frattura eruttiva si attiva nella Valle del Leone ad una quota di circa 2600 metri, caratterizzata da una debole attività effusiva. Il 3 novembre alle ore 15:35 una nuova fessura si impianta tra i 2200 e i 1550 metri di quota. I flussi lavici che ebbero origine da questo apparato si diressero verso l’abitato di Sant’Alfio, arrecando danni ai boschi di contrada Cerrita e Cubaina. Il 4 novembre, dopo la fine dell’attività eruttiva a quota 2000 metri, si attiva una nuova frattura intorno ai 1200 metri s.l.m. La lava emessa in questa località si riversò a valle in più bracci distinti. Dopo circa due ore i flussi raggiungono le contrade di Pietrafucile e Costa Sovara. Il 7 novembre vengono raggiunte le prime case dell’abitato di Mascali, che sarà distrutto completamente durante le ore successive. L’effusione lavica ebbe termine il 16 novembre. Le ultime manifestazioni eruttive ebbero fine giorno 20.
In contrada Ripa della Naca, ad una quota di circa 1200 metri con un andamento NE-SO, è localizzata la porzione inferiore dell’apparato eruttivo di questa eruzione. La fessura è caratterizzata nella parte più a valle da una serie ben conservatadi hornitos, che si elevano per un’altezza massima di qualche metro, e da un cono principale più alto.
Nella parte più a monte l’apparato eruttivo è costituito da una lunga depressione dove non si ebbe alcuna emissione lavica evidente. Probabilmente nella prima fase dell’eruzione alcune esplosioni violente, causate dall’intrusione di piccoli dicchi magmatici, determinarono la fessurazione dei basalti preistorici e la conseguente apertura della depressione.
Guglielmo Manitta