Cosa si intende per ”terre e rocce da scavo” e come vanno trattate.
Nell’ambito delle sue attività professionali il geologo si può imbattere nelle cosiddette “terre e rocce da scavo”, sia nel corso di carotaggi che di scavi, trincee, cave, gallerie, ecc. Ma cosa si intende per ”terre e rocce da scavo” e come vanno trattate? Sono da considerarsi dei rifiuti? e in caso di risposta positiva, che tipo di rifiuti? in tal caso vanno trasportati?
Andiamo quindi con ordine. Le ”terre e rocce da scavo” sono elementi che derivano da operazioni di scavo, come quelle relative ad attività edili ed estrattive. Le norme ambientali sono molto articolate; in base alla loro provenienza, caratteristiche fisiche, destinazione, l’ordinamento giuridico ne consente (seppur con forti limitazioni) un utilizzo che assomiglia a quello degli ordinari beni, ne impone la gestione come rifiuti, oppure ne permette un riutilizzo come sottoprodotti.
Il quadro normativo offre attualmente quattro alternative diverse della gestione dei materiali da scavo:
1) riutilizzo nel sito di produzione:
il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che esso verrà riutilizzato a fini di costruzione allo stato naturale e nello stesso sito in cui è stato escavato non è rifiuto. Le condizioni per il riutilizzo nel sito sono però stringenti:
I. presenza di suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale;
II. materiale escavato nel corso di attività di costruzione;
III. materiale utilizzato a fini di costruzione allo stato naturale nello stesso sito.
La valutazione dell’assenza di contaminazione del suolo è obbligatoria anche per il materiale allo stato naturale.
L’impiego deve avvenire senza alcun trattamento, cioè senza lavorazioni o trasformazioni, nemmeno riconducibili alla normale pratica industriale.
2) riutilizzo in sito diverso da quello di produzione:
il suolo escavato non contaminato e altro materiale allo stato naturale, utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati, devono essere valutati ai sensi, nell’ordine: degli art. 183, comma 1, lettera a), 184-bis e 184-ter del DLGS 152/2006.
3) riutilizzo come sottoprodotto e in questo caso vanno distinte due ipotesi:
a. materiali da scavo derivanti da opere sottoposte a VIA o ad AIA.
b. materiali da scavo derivanti da opere NON sottoposte a VIA o ad AIA.
Il proponente o il produttore deve attestare il rispetto delle seguenti condizioni:
a) che è certa la destinazione all’utilizzo direttamente presso uno o più siti o cicli produttivi determinati;
b) che, in caso di destinazione a recuperi, ripristini, rimodellamenti, riempimenti ambientali o altri utilizzi sul suolo, non siano superati i valori delle concentrazioni soglia di e i materiali non costituiscono fonte di contaminazione diretta o indiretta per le acque sotterranee, fatti salvi i valori di fondo naturale;
c) che, in caso di destinazione ad un successivo ciclo di produzione, l’utilizzo non determina rischi per la salute né variazioni qualitative o quantitative delle emissioni rispetto al normale utilizzo delle materie prime;
d) che ai fini di cui alle lettere b) e c) non è necessario sottoporre i materiali da scavo ad alcun preventivo trattamento, fatte salve le normali pratiche industriali e di cantiere.
Tramite dichiarazione resa all’Agenzia regionale per la protezione ambientale.
4) recupero come rifiuto:
nei casi dove non sono verificati, non sussistono o vengono meno i requisiti dei punti precedenti, le terre e rocce da scavo sono da classificare rifiuti.
Il Dm 161/2012 (Regolamento recante la disciplina dell’utilizzazione delle terre e rocce da scavo), specifica le modalità, le condizioni e i requisiti necessari per gestire un materiale da scavo come sottoprodotto, con eventuali presenze di riporto, derivanti dalla realizzazione di un’opera.
Per opera s’intende il risultato di un insieme di lavori di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro, manutenzione.
Nelle opere sono ricomprese attività infrastrutturali quali ad esempio:
a) scavi in genere (sbancamento, fondazioni, trincee, ecc.);
b) perforazione, trivellazione, palificazione, consolidamento;
c) opere infrastrutturali in generale (galleria, diga, strada);
d) rimozione e livellamento di opere in terra;
e) materiali litoidi in genere e comunque tutte le altre plausibili frazioni granulometriche provenienti da escavazioni effettuate negli alvei, sia dei corpi idrici superficiali che del reticolo idrico scolante, in zone golenali dei corsi d’acqua, spiagge, fondali lacustri e marini;
f) residui di lavorazione di materiali lapidei (marmi, graniti, pietre, ecc.) anche non connessi alla realizzazione di un’opera e non contenenti sostanze pericolose, quali ad esempio flocculanti con acrilamide o poliacrilamide.
Il Regolamento prevede espressamente:
– che i materiali da scavo potranno contenere, sempre nel rispetto delle concentrazioni massime di inquinanti previste, anche materiali estranei e contaminanti come calcestruzzo, betonite, Pvc, vetroresina, miscele cementizie e additivi vari per lo scavo meccanizzato;
– la possibilità di poter riutilizzare il materiale non contaminato proveniente da aree comunque sottoposte a bonifica;
– la possibilità che le terre e le rocce da scavo contengano materiale di riporto nella misura massima del 20% della massa escavata.
Quindi, riepilogando, il materiale da scavo può essere gestito come sottoprodotto e non come rifiuto se risponde ai seguenti requisiti:
1. è generato durante la realizzazione di un’opera il cui scopo primario NON è la produzione di tale materiale;
2. è utilizzato in conformità al piano di utilizzo, nella medesima opera o in un’opera diversa o in processi produttivi.
3. è idoneo ad essere utilizzato direttamente, cioè senza subire ulteriori trattamenti diversi dalla normale pratica industriale.
4. soddisfa determinati requisiti di qualità ambientale.
autore:
Dott. Geologo Salvatore Candila
Riferimenti normativi:
CER (Codice Europer Rifiuti): 17 05 04e 17 05 03*
D.Lgs 3 aprile 2006 n. 152 s.m.i., parte IV, agli art. 185 e 186 (ora abrogato).
D.Lgs n. 4/2008
Legge del 28 gennaio 2009 n. 2, articolo 10.
Legge del 27 febbraio 2009 n. 13.
Dm 161/2012 (Regolamento recante la disciplina dell’utilizzazione delle terre e rocce da scavo).
Decreto legge 26 aprile 2013 n. 43