Tra le valli più affascinanti del Parco Nazionale dello Stelvio, la Val Zebrù custodisce un tesoro geologico che merita di essere scoperto. Il Sentiero Geologico della Val Zebrù offre un’esperienza unica per chi desidera comprendere la storia millenaria delle Alpi attraverso le rocce che le compongono.
Un progetto scientifico per tutti
Il sentiero nasce dalla collaborazione tra il Rifugio Quinto Alpini e l’Università di Milano-Bicocca, sotto la guida del professor Giovanni Vezzoli. Il progetto, sviluppato nell’ambito del Piano Lauree Scientifiche (PLS) di Geologia, è frutto di oltre 15 anni di campagne di rilevamento geologico condotte dagli studenti del corso di laurea in Scienze e Tecnologie Geologiche.
L’obiettivo è ambizioso ma chiaro: rendere accessibile a tutti la complessità della geologia alpina. Non solo agli esperti del settore, ma anche agli escursionisti, alle famiglie e a chiunque ami la montagna e voglia scoprirla da una prospettiva diversa.
Sette tappe attraverso milioni di anni
Il percorso si snoda dall’alta Val Zebrù fino al Passo Zebrù, passando per il Rifugio Quinto Alpini a 2.877 metri di quota. Lungo i suoi 12 chilometri, il sentiero si articola in sette tappe geologiche, ciascuna dedicata a un capitolo specifico della storia della Terra.
Dalle isole tropicali ai ghiacciai
Difficile immaginare che 210 milioni di anni fa, dove oggi si ergono le vette del Parco dello Stelvio, esistesse un ambiente simile alle attuali isole tropicali. Le rocce dolomitiche presenti nella zona raccontano proprio questa storia: antichi fondali marini, coralli e sedimenti che si sono trasformati nel tempo.
Il sentiero permette di osservare e toccare con mano queste testimonianze geologiche. Dalle Dolomie del Triassico che circondano il Rifugio Quinto Alpini, ai gneiss scuri modellati dal calore e dalla pressione delle profondità terrestri, ogni tappa svela un aspetto diverso dell’evoluzione alpina.
Vulcani estinti e faglie tettoniche
Tra le tappe più suggestive, quella dedicata alle rocce verdi – tracce di un’antica attività vulcanica sottomarina – e quella della Linea dello Zebrù, una gigantesca faglia che taglia la crosta terrestre come una cicatrice visibile. Questi elementi testimoniano i processi geodinamici che hanno portato alla formazione delle Alpi circa 90 milioni di anni fa, quando la placca tettonica euroasiatica e quella africana entrarono in collisione.
L’impatto del cambiamento climatico
L’ultima tappa del sentiero affronta un tema di drammatica attualità: il ritiro dei ghiacciai alpini. Le morene, le conche modellate dal ghiaccio e le fronti glaciali in arretramento mostrano in modo tangibile gli effetti del riscaldamento globale. Un invito alla riflessione sull’urgenza di preservare questi ambienti fragili e preziosi.
Un ecosistema da proteggere
La Val Zebrù rappresenta un ecosistema ben conservato e ricco di biodiversità. Attraversata dal torrente Zebrù, la valle si sviluppa in direzione nord-est tra boschi di larici, pascoli d’alta quota e versanti rocciosi. Tra camosci, aquile e marmotte, il paesaggio offre uno spettacolo naturale che si integra perfettamente con la narrazione geologica del sentiero.
Come sottolinea il professor Vezzoli: “In uno spazio relativamente ridotto abbiamo la fortuna di poter contare su una grande varietà geologica. La Val Zebrù è come un gigantesco libro aperto, scritto in linguaggio geologico”.
Informazioni pratiche
Il sentiero geologico si integra perfettamente con il Giro del Confinale, uno degli itinerari più spettacolari del comprensorio di Bormio, che collega la Val Zebrù alla Valle dei Forni. Il percorso presenta un dislivello di oltre 1.100 metri e richiede una buona preparazione fisica.
Per chi desidera approfondire, è disponibile un sito web dedicato con contenuti scientifici dettagliati per ogni tappa, mappe e curiosità. Una brochure cartacea è reperibile presso il Rifugio Quinto Alpini e gli uffici turistici di Bormio e Santa Caterina Valfurva.
Un modello di turismo sostenibile
Il Sentiero Geologico della Val Zebrù rappresenta un esempio virtuoso di come il turismo montano possa coniugare divulgazione scientifica, educazione ambientale e fruizione responsabile del territorio. Un’esperienza che va oltre la semplice escursione, trasformandosi in un viaggio nel tempo attraverso le rocce che raccontano la storia delle Alpi.