Una ricerca guidata dall’Università di Padova svela i meccanismi geologici che hanno portato alla formazione del Mar Rosso, ridefinendo il ruolo del magmatismo nei processi di rifting continentale.
Com’è nato il Mar Rosso? Questa domanda ha affascinato generazioni di geologi. Circa 30 milioni di anni fa, al suo posto c’era terraferma: la placca africana e quella arabica erano unite. Poi qualcosa è cambiato. La crosta terrestre ha iniziato a fratturarsi, ad assottigliarsi, fino a creare quello stretto braccio di mare lungo oltre 2000 chilometri che oggi separa l’Africa dalla penisola arabica.
Ma cosa ha innescato questo processo? E soprattutto, quale ruolo ha avuto il magma nella nascita di questo mare?
La ricerca italiana sulla formazione del Mar Rosso
Un team di ricercatori italiani dell’Università di Padova, in collaborazione con colleghi dell’Università di Losanna e del King Abdulaziz University in Arabia Saudita, ha pubblicato su Nature Communications uno studio che getta nuova luce sui meccanismi di formazione del Mar Rosso.
Il gruppo, coordinato dal professor Giacomo Corti del Dipartimento di Geoscienze, ha analizzato rocce del complesso di Tihama Asir, nella parte meridionale della costa arabica del Mar Rosso, in Arabia Saudita. Queste rocce, risalenti a circa 25-30 milioni di anni fa, raccontano una storia geologica affascinante e complessa.
Il dibattito: causa o conseguenza?
Per decenni i geologi si sono interrogati sul ruolo del magmatismo nel rifting continentale. Quando una placca continentale inizia a fratturarsi, il magma risale dalle profondità terrestri. Ma questo magma è la causa della frattura o semplicemente una conseguenza?
“È come chiedersi se è nato prima l’uovo o la gallina”, spiega metaforicamente lo studio. Nel caso del Mar Rosso, la risposta sembra essere più articolata di quanto si pensasse.
Come si è formato il Mar Rosso: le due fasi
Attraverso analisi geochimiche e isotopiche dettagliate, i ricercatori hanno identificato due fasi distinte nel processo che spiega com’è nato il Mar Rosso:
Prima fase (30-25 milioni di anni fa): Il magma ha avuto un ruolo attivo. L’intrusione di materiale fuso dal mantello ha riscaldato e indebolito la crosta continentale, facilitando la sua fratturazione. In questa fase iniziale, il magmatismo è stato davvero una causa del rifting.
Seconda fase (25-20 milioni di anni fa): Il processo si è invertito. La crosta, ormai già fratturata e assottigliata dalle forze tettoniche, ha permesso al magma di risalire più facilmente. Qui il magmatismo è diventato una conseguenza della deformazione tettonica.
Il complesso di Tihama Asir: un archivio geologico
Le rocce analizzate appartengono al complesso di Tihama Asir, un’area che si estende per circa 600 chilometri lungo la costa saudita del Mar Rosso. Questo complesso rappresenta un vero e proprio archivio geologico, con plutoni granitici, dicchi e colate laviche che testimoniano l’intensa attività magmatica che ha accompagnato la nascita del mare.
I dati isotopici hanno rivelato che il magma proveniva dal mantello astenosferico, lo strato plastico sottostante la litosfera rigida. La sua risalita ha modificato profondamente la composizione chimica della crosta, lasciando tracce ancora leggibili nelle rocce attuali.
Implicazioni per la comprensione dei margini continentali
Questa scoperta non riguarda solo il Mar Rosso. I margini continentali vulcanici, come quello del Mar Rosso, rappresentano circa il 50% di tutti i margini continentali del pianeta. Comprendere i meccanismi che li hanno generati significa comprendere meglio l’evoluzione geologica della Terra.
Il modello proposto dai ricercatori italiani suggerisce che il magmatismo può avere ruoli diversi in fasi diverse dello stesso processo di rifting. Non è sempre causa, non è sempre conseguenza: può essere entrambe le cose, a seconda del momento evolutivo del sistema.
L’origine del Mar Rosso: un processo ancora attivo
Il Mar Rosso continua ancora oggi ad allargarsi, a un ritmo di circa 1-2 centimetri all’anno. Nel suo centro, lungo la dorsale medio-oceanica, nuova crosta oceanica viene continuamente creata dall’attività vulcanica sottomarina. Tra milioni di anni, questo stretto braccio di mare potrebbe diventare un vero e proprio oceano.
La ricerca italiana ci ricorda che la Terra è un pianeta dinamico, in continua trasformazione. E che ogni mare, ogni oceano, ogni catena montuosa ha una storia geologica da raccontare, scritta nelle rocce che calpestiamo.
Riferimenti: Studio pubblicato su Nature Communications: “The role of magmatism in continental rifting: insights from the Red Sea”
 
                     
         
   
                             
   
                             
   
                             
   
                             
   
                 
   
                 
   
                 
   
                 
   
                 
   
                 
   
                