Delta fluviali italiani: il 66% minacciato da erosione

Le coste sabbiose del nostro Paese stanno cambiando volto. I delta fluviali italiani subiscono trasformazioni profonde. In quattro decensi, dal 1984 al 2024, gli arretramenti raggiungono in alcuni casi i 10 metri all’anno. A documentarlo è una ricerca dell’Università di Pisa pubblicata sulla rivista internazionale Estuarine, Coastal and Shelf Science. Per la prima volta emerge un quadro omogeneo dell’evoluzione costiera a scala nazionale.

Lo studio è condotto dalla professoressa Monica Bini e dal dottor Marco Luppichini del Dipartimento di Scienze della Terra. I ricercatori hanno utilizzato il software CoastSat per analizzare immagini satellitari Landsat dell’intera penisola. Il bilancio è preoccupante: il 66% dei 40 maggiori fiumi italiani presenta fenomeni di erosione costiera alle proprie foci. La percentuale diventa totale – il 100% – considerando solo le aree prive di difese artificiali.

Le zone più vulnerabili

Tra i casi più critici emerge il delta del Sinni, in Basilicata. Qui la linea di costa arretra di oltre 10 metri ogni anno. È uno dei tassi più elevati dell’intero territorio nazionale. La Toscana concentra diverse situazioni di criticità. Le foci di Arno e Serchio registrano perdite costanti di 2-3 metri annui. Il delta dell’Ombrone, nel cuore del Parco della Maremma, subisce erosioni fino a 5-6 metri l’anno.

Anche il delta del Po mostra settori significativamente vulnerabili. Le porzioni meno protette da opere di difesa sono le più colpite. La complessa articolazione morfologica dell’area amplifica i fenomeni erosivi.

Il cambiamento climatico e i delta italiani

“Il cambiamento climatico sta modificando profondamente l’equilibrio delle nostre coste”, spiega Marco Luppichini. I meccanismi in gioco sono molteplici e interconnessi. La diminuzione delle precipitazioni totali riduce la capacità dei fiumi di trasportare sedimenti verso il mare. L’aumento degli eventi meteorologici estremi altera il ciclo idrologico.

A questo si aggiunge l’innalzamento del livello del mare. Le mareggiate e le tempeste si intensificano. L’incremento della temperatura delle acque superficiali del Mediterraneo alimenta questi fenomeni.

Fattori antropici completano il quadro. Dighe, canalizzazioni e modifiche lungo i corsi d’acqua hanno ridotto l’apporto sedimentario alle foci. Le spiagge sono private del “nutrimento” naturale che ne garantisce la stabilità.

Un database per proteggere i delta fluviali

Il valore aggiunto della ricerca pisana sta nell’aver creato un database uniforme per tutto il territorio nazionale. Sono stati analizzati oltre 34.000 transetti distribuiti lungo 3.624 chilometri di costa. “Questo strumento può guidare una pianificazione mirata degli interventi di difesa”, sottolinea Luppichini.

“I delta fluviali italiani si configurano come veri hotspot della crisi climatica in corso. Sono aree che necessitano di strategie di gestione sostenibili e urgenti. Dobbiamo proteggere ecosistemi fragili e attività economiche vitali”.

Lo studio rappresenta un tassello fondamentale per comprendere come le coste italiane rispondono alle pressioni climatiche e antropiche. Offre elementi concreti per affrontare una delle sfide ambientali più rilevanti del nostro tempo.

 

Fonte: Unipinews

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