Segnali premonitori eruzioni: lo studio INGV sul b-value

I segnali premonitori delle eruzioni vulcaniche potrebbero essere identificati con mesi di anticipo grazie a un parametro sismico. Infatti, un nuovo studio pubblicato su Science Advances dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) apre scenari promettenti nella previsione delle eruzioni. In particolare, la ricerca condotta sull’Etna dimostra che il b-value può anticipare di diversi mesi i segnali geochimici legati alla risalita del magma.

Il b-value: un segnale premonitore delle eruzioni

Il b-value descrive la distribuzione delle magnitudo dei terremoti: di conseguenza, valori elevati indicano prevalenza di piccole scosse, mentre valori bassi segnalano un aumento di eventi più energetici. Inoltre, quando il magma si muove verso la superficie, la pressione sulle rocce aumenta, causando quindi terremoti più forti e una conseguente diminuzione del b-value.

Come riconoscere i segnali premonitori: lo studio INGV

I ricercatori dell’INGV hanno analizzato oltre 20.000 terremoti registrati tra il 2011 e il 2023 nella zona del vulcano siciliano. Pertanto, “abbiamo osservato che le variazioni del b-value precedono di circa 2-4 mesi i cambiamenti nella composizione geochimica dei gas emessi dall’Etna”, spiega il team di ricerca. Di fatto, questo anticipo temporale potrebbe rivelarsi cruciale per i sistemi di allerta, rappresentando veri e propri segnali premonitori delle eruzioni.

Segnali premonitori eruzioni - Mt. Etna seismicity and b values from 2005 to 2024.

Il caso del dicembre 2018: segnali premonitori ignorati

Lo studio si concentra in particolare sull’episodio del dicembre 2018, quando l’Etna attraversò una fase di crisi con intensa sismicità e un’eruzione laterale che causò danni significativi nella zona di Fleri. Tuttavia, analizzando retrospettivamente i dati, i ricercatori hanno dimostrato che il b-value aveva iniziato a diminuire già a partire dalla primavera 2018, diversi mesi prima dell’evento.

Un parametro complementare al monitoraggio tradizionale

“Il b-value ci fornisce informazioni sullo stato di stress delle rocce in profondità”, precisano gli autori. “Quando osserviamo una diminuzione prolungata di questo parametro, sappiamo che qualcosa sta cambiando nel sistema vulcanico”. D’altra parte, a differenza delle analisi geochimiche che richiedono campionamenti in quota e condizioni meteorologiche favorevoli, i dati sismici vengono registrati continuamente dalla rete di monitoraggio.

Inoltre, la ricerca sottolinea che il b-value non sostituisce gli altri sistemi di sorveglianza, ma li integra. Infatti, l’approccio multiparametrico resta fondamentale: combinare sismologia, geochimica, deformazioni del suolo e dati satellitari permette di costruire un quadro più completo dell’evoluzione di un vulcano.

Prospettive future per identificare i segnali delle eruzioni

L’Etna, uno dei vulcani più attivi e monitorati al mondo, rappresenta un laboratorio naturale ideale per testare nuove metodologie. Di conseguenza, le conoscenze acquisite potrebbero essere applicate ad altri sistemi vulcanici, migliorando le capacità di previsione a livello globale. “Ogni parametro che ci permette di guadagnare tempo è prezioso”, concludono i ricercatori. “Mesi di anticipo possono fare la differenza nella gestione del rischio”.

Fonte: www.ingv.it

Previous Post